• Comitato di solidarietà alle vittime delle stragi

  • ANTIGONE DELLE CITTA'
    Una cerimonia civica e teatrale per la memoria delle vittime della strage di Bologna

    Secondo anno, Bologna, 1 agosto 1992

    LE ANTIGONI
    DELLA TERRA

    a cura di Bruno Tognolini

       Nota di cronaca

       Indice

       Parte prima: LE DIECI PIAZZE
           Racconto di cinque stragi

       Parte seconda: PIAZZA MAGGIORE
           Tiresia e Edipo

    NOTA DI CRONACA

    Dunque, sul secondo percorso dell'Antigone non c'è racconto già scritto, e non è questo il luogo e il tempo di scriverlo. Abbiamo solo i testi, e nelle solite forme funzionali di "copioni" - poco più che promemoria per la scena - che abbiamo già incontrato nell'Antigone del '91. Ad essi aggiungerò solo una breve nota di cronaca, necessaria a capirne termini e carateristiche altrimenti incomprensibili.

    Luglio 1991, ancora Villa Guastavillani, e sotto la guida di Marco Baliani ancora una compagnia di centoventi: un centinaio di giovani attori (gli stessi e altri), organizzatori, tecnici, drammaturghi. Le novità più sostanziose riguardano l'organizzazione del lavoro collettivo, e il trattamento dei temi. L'atteggiamento etico - e quindi narrativo - di fronte ai temi e al compito lascerò che trapeli dai testi stessi. L'organizzazione, invece, ruotava su una macchina di una certa complessità, che va tracciata almeno in sintesi.

    Era attivo un gabinetto drammaturgico centrale, coordinato da Marco e da me, con l'aiuto di Francesco Guadagni ed Eleonora Fumagalli. Ad esso facevano capo cinque drammaturghi, che lavoravano fianco a fianco con cinque registi: Alessandro Quattro con Anna Amadori, Alessandra Latino con Fulvio Ianneo, Marco Pernich con Maria Maglietta, Vincenzo Todesco con Coco Leonardi, e Paolo Dalla Sega con Gigi Tapella.

    Ogni regista (la "guida") coordinava il lavoro di due gruppi, grazie all'aiuto e alla mediazione di due "skipper". Ciascuna di queste cinque unità creative (regista + drammaturgo + 2 skipper + 2 gruppi) lavorava sul racconto di una strage, con l'obiettivo di produrre un'azione in due varianti (i due gruppi) o, se si vuole, un testo con due messe in scena.

    L'amalgama creativo, la costruzione del filo del senso, passava per due nodi: incontri quotidiani densi e operativi tra Marco, le cinque guide, i dieci skipper e tutti i drammaturghi; e altri incontri, più radi e silenziosi, che avvenivano tra me e ciascuno dei cinque drammaturghi.

    Nella giornata, Marco Baliani vagava per i siti di lavoro prescelti dai gruppi, seguendone il lavoro; e col passare dei giorni sempre più spesso si rinchiudeva con me nel "gabinetto drammaturgico", a elaborare il testo per il finale di Piazza Maggiore.

    Così la macchina del laboratorio procedeva, con slanci e attriti, intenti e problemi anche assai diversi dall'anno precedente, verso il giorno della rappresentazione. Di questi quindici giorni di lavoro, e dell'unica notte di spettacolo, sono rimasti questi testi, che ora trascrivo.
     

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    INDICE

        Parte prima: LE DIECI PIAZZE

    VOLANTINO
  • 1 . Il racconto di cinque stragi
  • 2 . Le dieci piazze
  • 3 . Piazza Maggiore
  • 4 . La stazione
  • PROLOGO
    IL CIRCO DELLA VERITA' NEGATA (Strage di Bologna)
  • 1 . Prologo
  • 2 . Il Circo
  • AZIONE COMMEMORATIVA (Strage di Brescia)
  • 1 . Prologo
  • 2 . Arrivo
  • 3 . Arretramento
  • 4 . La memoria della Strage
  • 5 . Azione del lenzuolo
  • 6 . Comizio d'amore
  • PER PIAZZA FONTANA
  • 1 . Prologo
  • 2 . L'arrivo
  • 3 . Il racconto dell'Albero
  • 4 . La bomba
  • 5 . La caduta dell'Albero
  • 6 . Storia dell'Olmo
  • 7 . Il racconto di Ferrovia
  • 8 . Mirologio
  • 9 . Esodo
  • 10 . Epilogo
  • ITALICUS
    IL RACCONTO DI USTICA
  • 1 . Prologo
  • 2 . Ingresso
  • 3 . La tonnara
  • 4 . La tragedia
  • 5 . Il processo
  • 6 . L'esodo
  • 7 . L'Araldo in Piazza Maggiore
  • EPILOGO
        Parte seconda: PIAZZA MAGGIORE
     

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    Comitato di solidarietà alle vittime delle stragi
    ANTIGONE DELLE CITTA'
    Una cerimonia civica e teatrale per la memoria delle vittime della strage di Bologna
     

    Secondo anno, Bologna, 1 agosto 1992
    LE ANTIGONI DELLA TERRA

    LE DIECI PIAZZE

    a cura di Bruno Tognolini


     

    VOLANTINO

    Sulle sedie predisposte nelle dieci piazze il pubblico ha trovato questo volantino, scritto da me. Dal momento che non c'è racconto dell'evento, al volantino affiderò ancora il compito di ricapitolarne gli intenti e la struttura.
     
     

    Bologna, sera del primo agosto 1992
    LE ANTIGONI DELLA TERRA

    Siamo venuti in queste piazze, come un anno fa, per ricordare. Ricorderemo le stragi e i loro morti. Ripeteremo i nomi e i fatti, per chiedere ancora che la verità sia detta tutta intera, e quei morti abbiano pace. E ricorderemo perché c'è chi vuole che tutto sia dimenticato. Noi, questa notte, con voi, vogliamo dire che opporremo resistenza a quest'oblio.
     

    Il racconto di cinque stragi

    Per ricordare racconteremo, col teatro. Lo scorso anno abbiamo raccontato la strage di Bologna. Ma le stragi sono state tante in quegli anni, e ancora non sono finite. Così Bologna, Antigone delle città, prende su di sé il compito di raccontare col teatro non soltanto i suoi morti, ma i loro compagni di città diverse, uniti insieme in un solo e doppio destino: prima il progetto stragista, e oggi il silenzio.
    Quest'anno racconteremo cinque stragi, cinque offese a noi e alla verità.
    La strage di Piazza Fontana, Milano, 12 dicembre 1969: quattordici morti.
    La strage di Piazza della Loggia, Brescia, 28 maggio 1974: otto morti.
    La strage del treno Italicus, tra Firenze e Bologna, 4 agosto 1974: dodici morti.
    La strage del DC9, Ustica, 27 giugno 1980: ottantuno morti.
    La strage di Bologna, 2 agosto 1980: ottantacinque morti.
    Duecento vittime, nessun colpevole.
     

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    Le dieci piazze

    Per queste cinque stragi, racconteremo col teatro cinque storie. Vedrete passare una processione di teatro. Gli attori che vedrete andar via da qui, dopo ogni storia, andranno in un'altra piazza a raccontarla di nuovo; ed altri arriveranno da un'altra piazza, dove avranno già raccontato. Cento attori gireranno in processione, per raccontare e ricordare, in dieci piazze della città.
    Come vedete, non è solo uno spettacolo teatrale. E' una cerimonia del ricordo. E' una veglia. Non vi chiediamo di guardare e di applaudire, non vogliamo solamente spettatori: vogliamo donne e uomini che compiono un'azione, che fanno questa veglia con noi.
     

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    Piazza Maggiore

    Il racconto delle stragi, e la processione del teatro, sarà la prima parte. Dopo questa, la veglia continuerà in Piazza Maggiore. Lì sentiremo parlare della peste che ha devastato un regno. Vedremo il Re Edipo, il suo indovino Tiresia, e Antigone, che torna in quella piazza dopo un anno. Ci interrogheremo sulla verità, su come può essere difficile chiederla, e pericoloso trovarla.
    Il Re e l'Indovino parleranno di questo: Antigone no, parlerà d'altro. Dirà ancora che l'unica forza che abbiamo è non dimenticare, anche se è sempre più difficile, e anche se sembra vano.
    Piazza Maggiore finirà con la nascita di un giardino. Abbiamo portato migliaia di piccoli rami, su cui è fiorita una sola foglia. Su ognuna di queste foglie è scritto il nome di un morto, un caduto delle cinque stragi che abbiamo narrato, e delle altre. Ci aiuterete a piantare questi rami sulla collina di terra che è sorta in Piazza. Sarà un augurio, perché un giorno il paese devastato dalla peste possa tornare ad essere giardino di nomi e di memoria. Qui finirà il nostro teatro.
     

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    La stazione

    Ma per tutta la notte, alla stazione, molti attori di molte città si daranno il turno per recitare fino alle dieci e venticinque di domattina, l'ora dello scoppio. Diranno senza sosta le stesse parole di Edipo, Tiresia e Antigone che avremo sentito in piazza: come monaci officianti di una preghiera civile, mentre noi dormiremo, veglieranno per noi. Non chiediamo che ci siate, ma che lo sappiate.

    Queste sono le parti della veglia, la cerimonia che vi offriamo per dire anche quest'anno, e nel modo più forte, la nostra resistenza all'oblio.
     
     

    (Seguivano due brani estratti dal contrasto di Tiresia e di Edipo in Piazza Maggiore. Il testo è riportato in queste pagine per intero, e quindi non lo anticiperemo)
     

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    PROLOGO

    L'azione partiva dunque contemporaneamente in dieci piazze, e una rotazione complessa guidava il migrare e l'avvicendarsi dei gruppi su queste dieci scene. In ciascuna piazza un "Prologo", un volontario (spesso nemmeno attore), presentava l'evento leggendo questo testo, scritto da me.
     

    Cittadini, ascoltate.
    Antigone delle Terre vi saluta.

    Siamo qui insieme, come un anno fa, per ricordare.
    Ricorderemo le stragi e i loro morti.
    Ripeteremo i nomi e i fatti,
    per chiedere ancora che la verità sia detta tutta intera,
    e quei morti abbiano pace.
    E ricorderemo
    perché c'è chi vuole che tutto sia dimenticato.
    Noi, questa notte, con voi, vogliamo opporre resistenza a quest'oblio.

    Per ricordare, racconteremo col teatro.
    Lo scorso anno abbiamo raccontato la vostra strage, la strage del 2 agosto.
    Ma le stragi sono tante, e crescono ogni giorno.
    Così - abbiamo pensato - doveva crescere anche il nostro ricordo, ed il racconto.
    Quest'anno racconteremo cinque stragi, cinque offese a noi e alla verità.
    Le stragi di Piazza Fontana, di Piazza della Loggia, del treno Italicus, di Ustica, e della stazione di Bologna.
    Duecento vittime, nessun colpevole.

    Per queste cinque stragi, racconteremo col teatro cinque storie.
    Vedrete passare una processione di teatro.
    Gli attori che vedrete andar via da qui, dopo ogni storia, andranno in un'altra piazza a raccontarla di nuovo, ed altri arriveranno da un'altra piazza: cento attori gireranno in processione, per raccontare e ricordare, in dieci piazze della città.

    Come vedete, non è solo uno spettacolo teatrale.
    E' una cerimonia del ricordo.
    E' una veglia, che comincia in dieci piazze del centro, e continua in Piazza Maggiore.
    Non vi chiediamo di guardare e di applaudire,
    non sarete soltanto spettatori:
    sarete donne e uomini che compiono un'azione,
    che fanno questa veglia con noi.

    Questa veglia è la forma che vi offriamo,
    per dire insieme la nostra resistenza
    all'oblio.
     

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    IL CIRCO DELLA VERITA' NEGATA

    (STRAGE DI BOLOGNA)

    Drammaturgia: Alessandro Quattro
    Regia: Anna Amadori
     

    1 . PROLOGO

    ARALDO
    Concittadini, lavoratori,
    sognatori di cose migliori,
    ho una notizia da farvi tremare,
    qui dietro l'angolo sta per sbucare
    il circo dei circhi, il Circo Statale.
    Vedrete prestigi, illusioni, acrobazie,
    ma non guardate me, non sono mie.
    Del circo io sono solo il banditore,
    pagato un po' a forfait ed un poco ad ore
    per muovere la bocca ed annunciare
    il grande baraccon tentacolare
    che tutti ci ingloba, dirige e manovra,
    come nel mare una vecchia piovra.
    Ascoltate! Ascoltate!
    Vi parlerò di cose passate,
    di un passato che ha voce potente,
    tanto da dire che è il nostro presente.

    Una bomba esplode sabato 2 agosto 1980 nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna, uccidendo 85 persone e ferendone altre 200.
    Una bomba che sembrava un pezzo di formaggio, collegata ad un'altra piccola carica chiamata "Compound B" - una bomba disponibile solo ai militari.
    Sei mesi dopo ,sul treno Taranto Milano, viene ritrovata un'altra bomba uguale alla prima - questa però inesplosa - in una valigia con mitra MAB, proiettili, passamontagna, giornali e documenti di terroristi francesi e tedeschi. Roba da far pensare a un complotto internazionale.

    Ma qui comincia il circo nostrano,
    ché l'intrigo è tutto italiano.

    La valigia l'hanno piazzata il generale Belmonte e il colonnello Musumeci dei servizi segreti, per depistare le indagini.

    Si va al processo,
    che, credete, nel nostro circo
    è già un gran successo.

    Si accerta che: Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, due "ragazzini "della destra eversiva, erano in stazione il 2 agosto, vestiti da turisti tedeschi.
    Si accerta che: il terrorista nero Sergio Picciafuoco era in stazione il 2 agosto, e dopo lo scoppio si fece medicare al pronto soccorso, dando un nome falso .
    Si accerta che: Massimiliano Fachini, nuova guida del neofascismo veneto, aveva già fornito esplosivo di provenienza militare per altre stragi, anche per un attentato all'On. Tina Anselmi, presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2.
    Dopo 18 mesi e 205 udienze: ergastolo a Picciafuoco, Fachini, Fioravanti e Mambro, responsabili della strage; 10 anni a Musumeci, Belmonte, Pazienza e Licio Gelli, della P2, responsabili dei depistaggi.
    Concittadini, lavoratori,
    chi è dentro è dentro,
    chi è fuori è fuori.
    Chi ascolta sente,
    chi guarda impara.
    Ma resta ancora
    la parte amara.
    Luglio '90, secondo processo:
    tutti assolti
    " perché il fatto non han commesso ".
    Ragazzi, bambine, signori,
    dovran pur servire a qualcosa,
    in un circo, i gladiatori.
    Sì, quei tali
    che, dopo le grandi guerre mondiali,
    subito un'altra ne hanno inventata,
    una guerra civile, bastarda, e drogata,
    per cui sono morti fin troppi innocenti.
    State attenti! State attenti!
    Qui non c'entrano i sentimenti,
    si parla di vita, si parla di morte,
    di quel che ci è tolto chiamandola sorte.
    Ma ecco, laggiù, li sento arrivare.
    Meglio ch'io vada o mi faranno saltare!
     

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    2 . IL CIRCO

    Entra il DIRETTORE su un carretto spinto dall'ASSISTENTE; al suo seguito i COMMEDIANTI con valige e oggetti di scena.

    DIRETTORE
    Buona sera, signore e signori, benvenuti al Circo della Verità Negata, della parola imprigionata, della vita bloccata su un treno in corsa.

    L'AIUTANTE spalanca una valigia, ed è lo scoppio della bomba.

    DIRETTORE
    Ma partiamo subito col nostro primo numero: l'acrobazia delle parole grosse!

    L'AIUTANTE copre i volti dei COMMEDIANTI con fogli di carta da giornale.

    VOCE 1
    E' con parole di orrore, sdegno e condanna per il vile, esecrando eccidio...

    VOCE 2
    ... con cordoglio, smarrimento e commossa partecipazione...

    VOCE 3
    ... in un corale abbraccio di palpiti e lacrime dell'intera classe politica...

    VOCE 4
    ... che saprà reagire con fiera compostezza a quest'infame affronto...

    VOCE 5
    ... saprà assicurare al paese, una volta per tutte, una guida sicura...

    VOCE 6
    ... colpirà tempestivamente gli assassini che attentano alla civile sopravvivenza della nostra repubblica...

    VOCE 7
    Le stragi rimangono impunite perché lo stato non può condannare se stesso né proclamare se stesso colpevole.

    Il DOMATORE interrompe bruscamente: tutti tacciono. Poi indietreggiano battendo i giornali.

    DIRETTORE
    Niente paura, ci sono io a confondergli lo sguardo.
    Avanti, anime in pena, fateci vedere di cosa siete capaci!

    Avanzano ripetendo azioni quotidiane dimenticate: il DIRETTORE li interrompe.

    DIRETTORE
    Basta, basta. Continuiamo con l'acrobazia del silenzio.

    Il DIRETTORE dirige come un maestro d'orchestra.

    CORO
    Noi siamo gli spettri
    condannati a passeggiare di notte
    e a digiunare in mezzo al fuoco, di giorno,
    finché non saranno purgati e bruciati
    i delitti compiuti nei nostri giorni terrestri.
    Se non ci fosse vietato di raccontare
    i segreti della nostra prigione,
    potremmo dirvi cose
    di cui la più lieve
    vi strazierebbe l'anima.

    UNA VOCE DEL CORO
    Siamo capaci di starcene in silenzio per anni, ma se ci apriamo un varco oltre la polvere, allora...

    CORO
    ... si parla, si parla, si parla...

    iL DIRETTORE li zittisce con un gesto, si volge al pubblico e sostiene il silenzio.

    DIRETTORE
    Ma non creiamo troppa tensione: acrobazia della danza interrotta!

    Uno dei COMMEDIANTI esegue una danza sconnessa, fino a cedere stremato. Sulla danza il DIRETTORE dice:

    DIRETTORE
    Comincerete ad aver paura
    indietreggerete in fondo alla stanza
    indietreggerete in fondo al tempo
    indietreggerete in fondo al cranio
    chiuderete gli occhi
    tratterrete il respiro
    e non esisterete più
    proprio come non foste mai esistiti.

    Il DIRETTORE resuscita con un colpo il danzatore caduto, che torna con il gruppo a formare una fotografia.

    DIRETTORE
    Bene, signore e signori, per questa sera abbiamo terminato.
    Niente applausi, grazie. Abbiamo fatto solo il nostro dovere.
    Del resto, oggi che il nostro circo ha di nuovo raggiunto la potenza d'altri tempi, dovremmo dimenticarsi tutti quanti di certe accuse da baraccone. Buona continuazione.

    Nell'uscire dalla piazza col suo AIUTANTE, grida ai COMMEDIANTI:

    DIRETTORE
    E voi sbrigatevi, c'è un'altra piazza che aspetta il Circo della Verità negata.

    I COMMEDIANTI si preparano a partire. entra ANTIGONE da dietro la collina, con un fascio di rami verdi.

    ANTIGONE
    Aspettate, non andate via ancora.
    Vi ho incontrato un anno fa su questa piazza, e niente è cambiato. Continuano a seppellire le vostre voci nella polvere.
    Ma io vi ascolterò, sempre.

    Pianta un arboscello. I COMMEDIANTI si avviano per uscire dalla piazza, e si rivolgono al pubblico.

    VOCE 1
    Stavo partendo.
    Volevo fare il giro del mondo
    e mi hanno fermato.
    Stavo partendo,
    ma se volete io torno.

    VOCE 2
    Avevo troppi sogni,
    mamma, in stazione.
    Partire per la prima volta,
    avevo il cuore in tumulto
    e come un presagio.
    Addio fratelli, ciao papà.

    VOCE 3
    Ero in divisa.
    Mi avevano detto
    che ero al servizio
    del nostro paese.
    E dissi "lo giuro".
    Ed è la mia storia.

    VOCE 4
    Non l'avevo mai visto
    il cielo
    in fondo alla stazione.

    VOCE 5
    Aveva raccolto un fiore
    e posato l'aveva sul mio seno.
    Dov'è adesso il mio fiore?

    VOCE 6
    E io andrei in collina
    a farmi un bel bianco
    frizzante.

    VOCE 6 BIS
    Non voglio inputridire
    come il salice
    nella palude.
    Voglio ardere
    come quercia
    nelle infiammate nubi.

    VOCE 7
    Giudici, maestri giudici,
    io li ho visti,
    li ho visti in faccia,
    con la valigia in mano,
    venirmi vicino, sorridere
    e dire "buongiorno".
    Ma dove li cercate,
    signori giudici?
    Io li ho visti
    io li ho visti
    e sono loro a comandare.

    ANTIGONE esce dalla parte opposta dei commedianti, dicendo:

    ANTIGONE
    Custoditeli bene, i vostri morti,
    custodite la loro forza in posti sicuri,
    perché i vostri nemici li stanno cercando
    per portarseli via.
    Senza la loro protezione,
    sarete in pericolo due volte.
    Basta una pietra, un vaso di gerani,
    un albero secco, oppure niente.
    La cosa più sicura è portarveli dentro,
    tenerli con voi,
    perché un giorno potrete chiamarli
    per nome ad uno ad uno.

    Esce.
     

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    AZIONE COMMEMORATIVA

    (STRAGE DI BRESCIA)

    Drammaturgia: Alessandra Latino
    Regia: Fulvio Ianneo
     

    1 . PROLOGO

    ARALDO
    28 maggio 1974. Questa mattina è successo un fatto terribile. Io e gli altri eravamo in Piazza della Loggia, alla manifestazione antifascista. C'erano più di tremila persone: operai, studenti, insegnanti, cittadini. Sugli striscioni avevamo scritto: basta a troppi anni di violenze. Pioveva, la piazza era un mare di ombrelli lucidi. Ci siamo riparati sotto i portici, vicino all'edicola: i cortei entravano lentamente e si disponevano attorno al palco. Alle dieci il sindacalista inizia a parlare; di Almirante, delle sue squadracce nere, di quello che sta succedendo qui a Brescia. Alle dieci e dodici minuti un boato secco interrompe le sue parole.
    Al momento non abbiamo capito cosa fosse successo. Poi tutto è stato chiaro. Sono corso sotto i portici, verso la Torre dell'Orologio e ho visto. Non dimenticherò più: sotto la pioggia i corpi straziati coperti dalle bandiere a brandelli, i feriti che gridavano, lo sguardo sconvolto di tutti noi. La voce al megafono continuava a ripetere le stesse parole, cercava di riportare la calma.
    Io sono corso a casa e ho gridato: "una bomba, in Piazza Loggia!". Mia madre ha bevuto un bicchiere d'acqua e si è seduta, pallida. Ha detto soltanto, a bassa voce: "Non si muore così".
    Io sono giovane e devo conservare la speranza. Oggi la mia speranza l'hanno sdradicata, come un albero. Ma non voglio solo disperazione e rabbia. Voglio capire e metterli insieme i tasselli del rompicapo.
    Voglio capire. Perché con tremila persone in piazza c'erano solamente 10 poliziotti e 10 carabinieri; perché non si è tenuto conto dei volantini deliranti, delle parole di quel fascista che ha detto: ci vogliono le stragi come Piazza Fontana. Voglio sapere chi sta dietro questi fatti di sangue, chi sono i mandanti e gli esecutori. Non smetterò mai di chiedere questo, a voce alta.
    Sono passati diciotto anni e io continuo a chiedere che giustizia sia fatta. Ripenso spesso a quei giorni, ai funerali delle vittime: seicentomila persone che seguono i feretri coperti di fiori. E fiori ovunque... I fischi, sotto il palco delle autorità: "Leone, Rumor, Taviani ma statevene a casa!". E quella messa in chiesa, dove Cristo non c'era più.
    Ripenso alla reazione di Brescia, città simbolo per un anno intero. Alle nostre speranze che giustizia fosse fatta, subito. Oggi pochi vogliono ancora ricordare, pochi chiedono ancora giustizia. La gente che passa in Piazza della Loggia dà un'occhiata distratta alla colonna sbrecciata; le bancarelle del mercato stanno proprio sotto la lapide con i nomi dei morti. Non ci sono più fiori...
    E i processi: un elenco di date che sembrano incise nel marmo: nessun colpevole. 15 anni, 6 processi, insufficienza di prove: nessun colpevole. Stupirsene o recitare la parte dell'anima nobile sdegnata è una commedia che mi ha stufato: logge massoniche, sigle incomprensibili (Sid, Sifar, Sismi, Sisde), gli "omissis", il caso Moro archiviato...
    Ma la mia speranza ha radici salde. Sempre, a tutti, io racconterò la mia storia, la storia di Piazza della Loggia, perchè nessuno dimentichi....
     

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    2 . ARRIVO

    Entra il corteo dei "sopravvissuti". Due di loro reggono una barella coperta da un drappo rosso. Il corteo avanza lentamente guardando verso il pubblico.
     
     

    3 . ARRETRAMENTO

    Il corteo inizia ad arretrare verso la terra. Apertura degli ombrelli: i sopravvissuti chiamano persone lontane, evocano luoghi non più raggiungibili, desideri non più realizzabili.
     

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    4 . LA MEMORIA DELLA STRAGE

    Il corteo è giunto alla sommità della terra e ascolta la registrazione del comizio di Piazza della Loggia. Il pubblico diventa ora testimone della loro memoria. Reazione dei sopravvissuti nell'udire il boato dell'esplosione; gli ombrelli volano in aria oppure vengono richiusi e conficcati nella terr . Alla fine della registrazione i sopravvissuti esprimono (CORO in polifonia che continua nella scena 5) il sentimento del dolore, della perdita, del ricordo dei morti attraverso la frammentazione di materiale poetico.
     

    CORO
    - Oggi è un giorno di primavera, soffia un vento di Sud-Ovest
    - uomini e donne che dovrebbero camminare sul selciato
    - paiono invece sollevarsi nell'aria
    - Portami via
    - Noi, i disubbidienti
    - Immagina la luce, in un campo di spighe
    - i solitari, gli incompresi
    - Dal profondo parlatemi, per tutta questa lunga notte
    - i poeti
    - Claude, hanno rubato l'odore della terra!
    - Le estati perdute, le notti infinite
    - Questo ricordo lo vorre dire
    - credo che morirò di poesia
    - La mia speranza
    - Portami via, portami via
    - Sopra questa pece nera, carcasse pressate d'automobili
    - valige sventrate
    - fiori di cimitero
    - Portami via
    - Mi hanno vestito di bandiere; e fiori, fiori ovunque
    - Ma oggi è una giornata di primavera?
    - La mia speranza
    - Non mi ricordo neppure il nome
    - come un albero hanno sdradicato
    - Datemi la lotta, il ferro, i vulcani
    - unite a me i corpi come calamite
    - Ditemi tutto, catena a catena, anello ad anello
     

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    5 . AZIONE DEL LENZUOLO

    I sopravvissuti si riconoscono come umanità sofferente, si risollevano dalla terra , si avvicinano a riformare il gruppo. Uno dei sopravvissuti porta, avvolto in vita, un ampio lenzuolo che viene srotolato velocemente e va a nascondere il gruppo alla vista del pubblico. Ancora i sopravvissuti si esprimono attraverso la frammentazione di materiale poetico. Il lenzuolo viene quindi arrotolato, ogni
    sopravvissuto riprende il proprio ombrello.
     

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    6 . COMIZIO D'AMORE

    Il corteo dei sopravvissuti scende dalla terra e, avanzando sempre più verso il pubblico, dice (sempre in polifonia):

    CORO
    - Io so i nomi dei responsabili della strage di Brescia
    - e di Milano
    - e dell'Italicus.
    - So i nomi di chi ha manovrato nell'ombra
    - dei costruttori della Storia
    - i nomi di chi ha gestito la strategia della tensione
    - di chi ha depistato
    - insabbiato
    - protetto.
    - So i nomi delle persone serie e importanti
    - che stanno dietro ai tragici ragazzi
    - che hanno scelto le atrocità neofasciste
    - che stanno dietro ai malfattori comuni
    - siciliani e no
    - che si sono messi a disposizione come killer e sicari
    - So tutti questi nomi
    - tutti i fatti di cui si sono resi colpevoli
    - lo so ma non ho le prove
    - e nemmeno indizi
    - lo so perché cerco di seguire tutto ciò che succede
    - di conoscere tutto ciò che se ne scrive
    - di immaginare tutto ciò che si sa
    - o che si tace
    - So perché cerco di coordinare i fatti anche lontani
    - e mettere insieme i pezzi disorganizzati e frammentati
    - di un quadro politico.
    - So perché cerco di ristabilire la logica
    - là dove sembrano regnare l'arbitrarietà
    - la follia e il mistero.

    Il CORO esce.
     

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    PER PIAZZA FONTANA

    Drammaturgia: Marco Pernich
    Regia: Maria Maglietta
     

    1 . PROLOGO

    L'ARALDO è la DONNA CHE NON PUO' MORIRE.

    DONNA CHE NON PUO' MORIRE
    Mi siedo qui come facevo allora ma adesso l'aia è vuota; anche la stanza è vuota . Non c'è più la sua voce: è rimasta là in piazza Fontana, voce spezzata. A volte penso che vorrei morire: si sta bene dentro la terra al caldo. Ma io non potrò più morire finchè non avrò giustizia.

    La storia è iniziata molti anni fa.
    Era un pomeriggio di dicembre venerdì alle quattro e mezza proprio nel cuore di una grande città di un tempo che è il mio ma potrebbe anche essere il vostro.
    Tra il Duomo e il Palazzo Comunale c'è una piazza.
    Sulla piazza c'è una Banca.
    Il salone della Banca è pieno di piccoli proprietari mediatori contadini. E' un venerdì come tutti gli altri.
    nel salone c'è un grande tavolo. Sotto il tavolo qualcuno ha lasciato una borsa in finta pelle. Alle quattro e mezza la bomba esplode.
    Sedici morti e ottantotto feriti.
    Quella piazza si chiama Piazza Fontana; quella banca Banca nazionale dell'Agricoltura; quel giorno 12 dicembre 1969. Da allora quel giorno si chiama "giorno della strage di piazza Fontana".
    A Roma quello stesso giorno esplodono altre tre borse: due all'altare della patria; una nel sottopassaggio della BNL.
    La quinta alla Commerciale di Piazza della Scala non esplode. Ci pensa la polizia a farla esplodere subito: così fa sparire una prova.
    Quel giorno 12 dicembre 1969 alle 17.30 le bombe fanno sedici morti e centocinque feriti.
    Questa cosa me la ricordo finchè campo.
    Ma la storia non comincia così. E' già cominciata chissà quando chissà dove.
    Nel 1965 è cominciato a Roma un convegno pagato dai servizi segreti.
    Filippo De Jorio uno dei capi della destra dice: " L'infiltrazione comunista ha raggiunto proporzioni allarmanti ... La lotta va affidata a soldati clandestini che non esitino ad accettare la lotta nelle condizioni meno ortodosse e con la necessaria spregiudicatezza. "
    In Veneto Franco Freda e Giovanni Ventura fondano una cellula neofascista .
    Nell'estate del 1969 Freda compra 50 timers dalla Elettrocontrolli di Bologna.
    compra anche cinque valigie alla valigeria Duomo di Padova .
    I timers sono quelli degli attentati dell'8 agosto sui treni e del 12 dicembre.
    Anche le borse sono quelle degli attentati del 12 dicembre .
    Freda e Ventura collaborano con il SID - i servizi segreti.
    Dopo piazza Fontana a Milano la polizia arresta l'anarchico Pinelli . Dopo tre giorni - il 15 dicembre - cade dalla finestra della questura aperta per il caldo .
    La polizia arresta anche Pietro Valpreda anarchico e ballerino. Dice che è esperto di bombe. Poco dopo si scopre che è falso. Dice che non può più ballare e che per questo odia il mondo. Poco dopo si scopre che anche questo è falso.
    Anni dopo il processo finisce a Catanzaro.
    Anche il processo contro Freda e Ventura finisce a Catanzaro.
    Anche il processo contro Giannettini - SID - e i suoi capi Maletti e Labruna che l'hanno coperto finisce a Catanzaro.
    Maletti e Labruna come il loro capo Miceli e molti politici sono della P2.
    Il processo contro Valpreda , Freda e Ventura, Giannettini e gli altri va avanti anni . Primo grado , appello Cassazione, rinvio in appello.
    Vengono assolti tutti. Il processo è chiuso per sempre.
    La strage non ha colpevoli.
    Restano solo i morti e i feriti e i mutilati.
    Io sono vecchia ormai ma non posso morire finchè non ho giustizia.
    Al primo processo i giudici condannano tutti .
    Al secondo processo- l'appello- i giudici assolvono tutti per insufficienza di prove .
    Al terzo processo la Cassazione dice che bisogna rifare tutto - solo Giannettini può andare assolto.
    Al quarto processo a Bari i giudici assolvono di nuovo tutti quanti. E chiudono per sempre il processo.
    La strage non ha colpevoli.

    Restano solo i morti: Arnoldi Giovanni, China Giulio, Corsini Eugenio, Dendena Pietro, Gaiani Carlo, Galatioti Calogero, Garavaglia Carlo, Gerli Paolo, Meloni Luigi, Papetti Gerolamo, Pasi Mario, Perego Carlo Luigi, Sangalli Oreste, Silva Carlo, Scaglia Angelo, Valè Attilio.
    E i feriti e i mutilati.

    Anni dopo si scopre che nel 1969 il presidente Saragat - appoggiato dalla confindustria - cercava d'imporre un governo di destra DC PLI PSDI di tipo gaullista.
    Si scopre anche che la P2 dal 1969 al 1974 cercava di realizzare un colpo di stato.
    Tutto questo si chiama strategia della tensione .
    Lo scopo è quello di bloccare gli studenti che stanno in piazza e vogliono cambiare la scuola e la vita e gli operai che vogliono lo statuto dei lavoratori - approvato proprio nell'autunno 1969.
     

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    2 . L'ARRIVO

    Entra un personaggio, il CAPOALBERO, guarda la terra, la prova, l'annusa; infine:

    CAPOALBERO
    Siamo arrivati. Va bene! Venite!

    Arriva tutto il gruppo, trasportando l'albero. Subito tentano di innalzarlo sulla collina. Commenti concitati.

    CORO
    - La terra sembra buona.
    - Forse questa volta ci riusciamo a farlo star su.
    - Rimetterà radici.
    - E finalmente ci possiamo fermare.
     

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    3 . IL RACCONTO DELL'ALBERO

    Uno si arrampica sull'albero.

    QUELLO CHE S'ARRAMPICA
    Il nonno raccontava sempre della quercia
    diceva- conta le radici ninin
    - sono nove nonno
    - sono nove e scendono giù giù giù
    fino alle nove fonti dove stanno i morti
    l'acqua è fresca sai?
    e sono nove anche i rami che tengono su
    tutto il cielo

    e quando la quercia muore beh allora
    viene giù il cielo e viene il giorno
    del giudizio.
     

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    4 . LA BOMBA

    DONNA CHE NON PUO' MORIRE
    Viene giù il cielo come quel giorno a Piazza Fontana.

    Il CORO si disperde correndo.

    CORO
    - viene giù il cielo
    - viene giù il cielo
    - viene giù il cielo.
    - come quel giorno.
    - il cielo.
    - ci sono un sacco di fogli.
    - tutto immobile come se non fosse successo niente.
    - fogli fogli dappertutto.
    - cappelli: 2, 3, 5, dappertutto. Ce n'è uno appoggiato sul bordo della finestra.
    - come se qualcuno lo avesse tolto e messo lì.
    - vetri in frantumi.
    - tutto fuori posto: come se il vento avesse sbattuto tutto all'aria .
    - un vento fortissimo.
    - fogli fogli dappertutto.
    - sono rimasti solo gli oggetti perchè i corpi li portano via subito.
    - anche i ricordi.
    - quello che è rimasto di lui è il cappello:
    - il corpo è esploso via.
    - i fogli sembrano coriandoli.
    - ma i coriandoli li fanno con i fogli colorati.
    - questi sono bianchi come le lenzuola per coprire i morti.
    - erano tutti contadini.
    - hanno coperto tutto con le lenzuola.
    - perchè dovevamo dimenticare.
    - un ombrello, una penna, giornalisti.
    - invece è diventato tutto rosso.
    - erano tutti contadini.
    - una borsa aperta, la borsa di uno di loro.
    - invece li ha uccisi un'altra borsa.
     

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    5 . LA CADUTA DELL'ALBERO

    Il CORO cerca di salvare l'Albero che cade.

    CORO
    - Cade.
    - Cade!
    - Attenti!
    - Cade!
    - Non rimetterà mai foglie nè radici.
    - E' caduto anche stavolta! Anche stavolta non ce l'abbiamo fatta! Non ce l'abbiamo fatta.
    - Un albero senza radici non può rifiorire.
    - Bisogna cercare un'altra terra.
    - E' la terra che non ha memoria.
    - Bisogna cercare un'altra terra.
    - Questa l'ha sputato.
    - Bisogna trovare un'altra terra.
     

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    6 . STORIA DELL'OLMO

    OLMO
    Molti anni fa al centro di una grande pianura c'era un olmo: aveva più di mille anni.
    Non lontano dall'olmo un popolo aveva costruito la sua città. Ogni sera tutto il popolo veniva a sedere in un grande cerchio attorno all'olmo.
    Le radici dell'olmo erano la scala per la terra dove vivono i morti.Così con i vivi si sedevano tutt' intorno anche i morti e passavano il tempo nel racconto della giornata o delle vecchie storie.
    Niente veniva dimenticato e il popolo diventava più forte.

    Un giorno il re di quel popolo fece abbattere l'olmo.
    Nessuno venne più a sedersi attorno e anche i morti non vennero più.

    L'olmo seccò rapidamente. Presto si perse anche il ricordo.Il popolo si disperse, la terra diventò arida, le bestie cominciarono a morire e i pochi uomini rimasti cominciarono ad uccidersi tra loro.
    Ma un piccolo gruppo di uomini sollevò l'olmo e lo portò in un'altra terra.

    VOCE DEL CORO
    Proprio come noi

    OLMO
    Qui cominciarono ad annaffiare tutte le sere l'albero abbattuto. Erano in tre poi in quattro poi in otto e tutte le sere davano l'acqua all'olmo e raccontavano raccontavano.
    Ma loro niente: ostinati continuavano a bagnare ogni sera l'albero abbattuto e oramai secco.
    Un giorno l'olmo mise di nuovo una gemma; e poi un'altra; e un'altra. Poi piccoli rami, foglie, muschi.
    I contadini e i pastori ricominciarono tornare e a sedersi in cerchio attorno all'olmo la sera. E presto in mezzo a loro cominciarono a sedere di nuovo anche i morti. Pian piano tornò la gente e ci fu di nuovo una città, una nuova città.

    DONNA CHE NON PUO' MORIRE
    Va bene, noi cominciamo ad andare. Andiamo avanti.

    La DONNA CHE NON PUO' MORIRE esce dalla piazza.
     

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    7 . IL RACCONTO DI FERROVIA

    FERROVIA
    Da bambino stavo a guardare i treni che passavano con un fischio lungo nel prato di stoppie subito fuori dalla città; erano là un po' rialzati sulla massicciata e io li salutavo con un grido e facevo a gara col fischio.
    Io sono il morto numero diciassette il morto che non c'è.
    I miei fratelli morti li ha uccisi la bomba e poi li ha uccisi di nuovo il giudice Occorsio e poi di nuovo ancora la Cassazione. I miei fratelli morti li ha uccisi il silenzio di chi sapeva e ha taciuto dei pezzi di stato e dei servizi segreti delle logge segrete della politica segreta che sapevano e sanno e tacciono.

    CORO
    - Ma è Pinelli l'anarchico.
    - Quello caduto giù dalla finestra della questura.

    FERROVIA
    Nel freddo della terra ricordo la nebbia di questa città che entrano sotto le tettoie della stazione in una luce gialla di lampadina fioca.
    In una notte di nebbia e di freddo mi ha inghiottito una finestra aperta al terzo piano della questura.
    Nel fredddo della terra un quadrato di luce sulla porta in un mattino d'estate con l'odore del caffè: ho alzato il mio bambino dentro quella luce in alto contro il sole e rideva.
    Ma il mio nome non c'è a Catanzaro nell'elenco dei morti della strage. Posso dirti come un rosario i nomi dei miei fratelli morti sono i nostri morti i nostri santi ma il mio nome non c'è: hanno ucciso anche il mio nome.
    Così chiamami solo Ferrovia.
     

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    8 . MIROLOGIO

    LA MADRE
    Figlio, cuore del mio cuore,
    passero del povero cortile, fiore della mia solitudine,
    perchè hai chiuso gli occhi e non mi vedi piangere
    e immobile non senti le mie parole amare?

    Mio passerotto che mi portavi l'acqua sul palmo della mano,
    Perché non vedi che mi batto e tremo come una canna al vento?
    Qui, in mezzo alla strada sciolgo i miei capelli.

    No bimbo, non mi va più di piangerti.
    Nel sangue tingerò di rosso la mia gonna
    e ballerò.

    Ecco: mi sono alzata. Reggono ancora le mie gambe.
    Quella luce che ride mi ha fatto sollevare.
    E io vado dai tuoi fratelli a portare la tua voce.
     

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    9 . ESODO

    CORO
    - Piazza Fontana tutti assolti!
    - Dopo sedici anni hanno cancellato la strge!
    - Piazza Fontana tutti assolti.
    - Una strage senza colpevoli!
    - Per piazza Fontana nessuno è colpevole!
    - 12 dicembre 1969 nessuna strage tutti assolti!
    - Tutti assolti! la strage impunita!
    - Piazza fontana: giustizia negata!Ancora una volta tutti assolti!
    - Ancora una volta tutti assolti!
    - Perché tante impunità?
    - Perché tanti pezzi di stato
    - e non secondari
    - sono stati coinvolti nell'attacco ai cittadini italiani ed alla democrazia?
    - Da piazza Fontana l'incapacità dello stato a dire la verità ha accresciuto la forza e l'arroganza dei poteri invisibili ha favorito le bombe
    - i morti
    - gli attentati ai treni!

    - Mai ci convinceremo che piazza fontana è solo un brutto sogno che non c'è mai stato un massacro che le storie degli 007 marci sono fantasie!
    - " La strage è di stato": questa è l'unica spiegazione non solo politica e morale ma perfino tecnica!

    Il CORO esce.
     

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    10 . EPILOGO

    CAPOALBERO
    Ora noi andiamo. Troveremo un'altra terra per il nostro albero e se non metterà radici ne cercheremo un'altra e un'altra ancora.
    Forse qualcuno di voi pensa che non serve a niente. Ma noi non smetteremo di cercarla finchè troveremo una buona terra nutrita di memoria dove nessuno nasconde la verità e l'albero metterà radici:
    ma voi che restate custodite il ricordo che avete ricordato.

    VOCE DEL CORO
    Accanto a voi siedono con un sorriso i morti i nostri aspettano la loro porzione del racconto della verità del mondo.
    Le loro voci sono larghe linee ferroviarie che solcano l'avvenire e le loro mani campi arati da una sapienza antica e le loro scarpe rozze strade che attraversano la pianura.
     

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    ITALICUS

    Drammaturgia: Vincenzo Todesco
    Regia: Coco Leonardi
     

    Un uomo con due valige entra in scena, e comincia a raccontare. Con lui, o poco dopo, arriva una ragazza (la RAGAZZA CHE CANTA), che siede sulla collina e lo guarda.

    ARALDO
    Vedete queste valige? C'è dentro il mio mondo. Tutto ciò che mi serve viaggia con me. Io di mestiere faccio... boh, facevo un mestiere come voi, come tutti. Poi mi è successa una cosa terribile... o magnifica... che ha cambiato la mia vita. Ora di mestiere faccio il cantastorie. Ma racconto sempre la stessa storia...

    RAGAZZA CHE CANTA
    Vieni qui, cantastorie. Vieni a cantare con me...

    Il CANTASTORIE­ARALDO le si avvicina, la guarda mentre canta, quindi sulo canto riprende a raccontare.

    CANTASTORIE­ARALDO
    Ecco cos'è accaduto. Era la notte del 4 agosto di tanti anni fa, era il 1974. Me ne stavo a godermi il fresco alla stazione di San Benedetto Val di Sambro, aspettando un qualche treno che mi portasse a Bologna.
    Era tardi, quasi le due. La notte era mite e quieta.
    All'improvviso mi accorsi che gente agitata correva su e giù per i marciapiedi: ferrovieri, poliziotti... Ci chiesero di metterci tutti, noi viaggiatori, nella sala d'aspetto. Si sentiva dire che era accaduto qualcosa di terribile, ma non si sapeva cosa.
    Guardavo fuori della finestra della sala d'aspetto, e d'improvviso vidi arrivare un treno, senza luci, enorme, come se sbucasse dal buio dell'inferno, con la sirena che lacerava senza sosta il silenzio della notte.
    Quando si fermò vidi una carrozza bruciata, annerita dall'incendio, con le lamiere divelte, contorte, alzate verso il cielo come mostruose statue d'acciaio. Venimmo subito a sapere che era esplosa una bomba, che qualcuno aveva messo una bomba sul treno, e c'erano stati morti e feriti.
    La confusione era enorme. Stavano entrando i cadaveri carbonizzati, venivano allineati sui binari. Dei militari andavano e venivano di continuo. Un poliziotto con in mano un pezzetto di carta spiegazzato prendeva i nomi dei passeggeri. Io uscii per vedere se poteva dare una mano, mi avvicinai alla carrozza. La cosa che più mi colpì fu che tutto, sedili, corridoi, valige, era uniformemente bianco, coperto di vetri, come se fosse caduta la neve...

    Entra il gruppo in processione, spingendo una enorme bobina in legno per cavi elettrici. Due donne donne le corrono davanti gridando, si accasciano ,vengono travolte e superate dalla ruota. Altre figure si accavallano, la scalano, cadono: azioni varie, sui seguenti testi.

    PRIMA DONNA
    Una bombola di ossigeno!

    RAGAZZA CHE CANTA (al cantastorie)
    Perché mi racconti queste cose? Mi fai paura...

    SECONDA DONNA
    Io non ho perdonato. Non solo: ho chiesto giustizia. Se perdoniamo, perdiamo la voce. Questo succede: non potremo più parlare, e più nessuno ricorderà quello che è accaduto.

    TERZA DONNA
    Io ho perdonato. Perché se io dico "ti perdono", verrà il giorno in cui chi ha commesso qualcosa ripenserà a quello che ha fatto. Eh sì che ci pensa, è inevitabile: è costretto a pensare al male che ha fatto. A provare rimorso, a pentirsene. A provare, finalmente, dolore.

    ECUBA
    Non sospettavo... non pensavo assolutamente a niente di tragico. Con la madre di Anna dicevo: "Al peggio, dallo spavento gli sarà andata via la voce. Li troveremo storditi, in qualcho ospedale".
    All'obitorio è entrato il mio consuocero, poi è uscito e ha detto: "Mi sembra che lì, tra quei morti, ci sia il tuo Carlo".
    Ho bevuto un bicchier d'acqua. Sono entrata e l'ho visto.
    "Eccolo qui", ho detto.

    La grande ruota viene adagiata su un fianco. Alcuni vi salgono sopra, altri vi si ficcano sotto e intorno. Il CANTASTORIE riprende il suo racconto, inframezzato da parole degli altri personaggi.

    ARALDO-CANTASTORIE
    Poi si venne a sapere che erano stati i neonazisti di Arezzo, e vennero arrestati. Però non furono condannati, perché non vi erano prove sufficienti. Ma si sa chi è stato! Lo dice anche la sentenza che li assolve: " E' pacifica la immediata ascrivibilità del fatto ad un' organizzazione terroristica che intendeva creare insicurezza generale, lacerazioni sociali, disordini violenti ".
    Capite? La verità c'è! La si conosce!
    Gli assassimi mica agirono da soli. Al processo si scoprì che erano stati aiutati dai Servizi Segreti. Sì: i Servizi Segreti li aiutarono invece che arrestarli... E perché?
    Anni dopo si seppe che si era trattato di una specie di colpo di stato, che tutti gli attentati di quegli anni dovevano servire per un colpo di stato.
    Tant'è vero che la commissione d'inchiesta del parlamento scoprì che dietro gli attentati c'era la loggia massonica P2, quella di Licio Gelli. Certo: dice che "la Loggia P2 è quindi gravemente coinvolta nella strage dell'Italicus, e può ritenersene addirittura responsabile quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale".

    Queste voci inframmezzano il suo racconto:

    VOCE 1
    La verità c'è, e la si conosce...

    VOCE 2
    Le prove non sono sufficienti...

    VOCE 3
    Si conoscono i responsabili...

    VOCE 4
    Vedi, ho ancora con me il tuo regalo: s'è spezzato...

    VOCE 5
    Non sta scritto da nessuna parte che si deve perdonare...

    Ora la donna chiamata ECUBA, la madre, rovescia i corpi come per riconoscerli, e riprende il suo racconto interrotto.

    ECUBA
    Mamma mia, che pena... Poverini, quanti morti... Tutti distesi a terra, sporchi e maciullati. Anna era un po' più in là, col suo bel faccino tagliato sulla fronte. E il bambino? Dov'è il bambino? Non è possibile che non ci sia il bambino! Loro non si separavano mai da Luca...

    La ruota viene spinta sulla collina. La RAGAZZA CHE CANTA si fa avanti.

    RAGAZZA CHE CANTA
    Perché i malvagi vivono, divengono vecchi e crescono in potenza? La loro progenie si fa salda dinnanzi ad essi e insieme ad essi. I loro discendenti sono sotto i loro occhi, le loro case sono in pace, senza paura.

    Le rispondono quattro voci soliste.

    VOCE SOLISTA 1
    Nulla potrà turbare l'ordine della luce...

    VOCE SOLISTA 2
    ... dove sono io sola. E quel che amo...

    VOCE SOLISTA 3
    ... e sulla tavola questo vaso di acqua, e il pane del riposo.

    VOCE SOLISTA 4
    Fresca acqua, pane caldo, ai due versanti del giorno.

    Torna ECUBA, e termina la sua storia.

    ECUBA
    Mi hanno detto di guardare tra i morti che erano già nelle casse. C'erano due cassettine piccoline, e Luca era in una di queste. Era nudo. Gli usciva un po' di sangue da dietro la nuca. "Questo è il mio Luca!" - ho detto.

    CORO
    Ricordate! Meditate che questo è accaduto! Vi comandiamo queste parole, scolpite nel vostro cuore.

    ARALDO-CANTASTORIE
    Ecco: da allora la mia vita è cambiata. Mi sono procurato i nomi dei morti, e racconto la storia della loro vita. Tra di loro ci sono bambini, anziani, uomini e donne, tanta gente diversa. Tutti mi chiedono di continuare a raccontare la loro storia, a chiedere che la verità venga detta.
    Perché vedete, la verità si sa e non viene detta. Lo stato non dice quello che tutti sanno.
    Il peggio è che tutto questo devo gridarlo intorno, come un amante, come un ubriaco, come un traditore. E' un vizio maledetto, che mi porterà alla rovina... Quanto potrò resistere, parlando soltanto con i muri?...

    Con queste ultime battute, l'ARALDO-CANTASTORIE se ne va. La RAGAZZA CHE CANTA gli corre dietro.

    RAGAZZA CHE CANTA
    Aspettami! Cantastorie, aspettami! Vengo anch'io!

    Sulla ruota, issata in cima alla collina, si rizza una figura vestita di nero: è FULGENZIO, allegoria del "potere ragionevole".

    FULGENZIO
    Tutto ciò è sertamente terribile. Ma voi non cogliete il cuore del problema. E' una questione di buon senso. La gemte vive in una sorta di ordine riposto, scandito su semplici occupazioni: il tempo del lavoro, il tempo del riposo, le ricorrenze dell'affetto... Come pensate che reagirebbe se andassimo a dirgli che proprio coloro nei quali confidavano, sui quali basavano la loro sicurezza, sono i colpevoli? Che proprio nel cuore dello stato si annida la peste che ammorba il paese? Vedo i loro volti velarsi di sgomento, vedo che si sentono traditi, ingannati...
    Io affermo che se sapere èpuò far male, è megòlio non sapere. Dobbiamo tacere per il più nobile dei motivi: la pace dei nostri concittadini, la salvezza della città.
    Amici miei, non inquietatevi: ascoltate la saggezza popolare, che da sempre conosce la via migliore da seguire: "chi muore giace, e chi vive si dà pace"...

    Scompare dietro la ruota. Da essa soffiano fuori fumi bianchi. Infine emerge il CORO.

    CORO
    Noi siamo la polvere, il vento.
    Siamo cercatori di tracce.
    E' giunto il tempo della partenza,
    il tempo del pranzo frugale in piedi
    sulla porta di casa,
    pronti ad attraversare il deserto.

    Nel dir questo, il CORO esce, spingendo via la ruota.
     

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    IL RACCONTO DI USTICA
    o del mistero che non è mistero

    Drammaturgia: Paolo Dalla Sega
    Regia: Gigi Tapella
     

    1 . PROLOGO

    Entra l'Araldo in bicicletta, di corsa e lanciando richiami; corre più volte attorno all'isola, fissandone i confini; si ferma e issa la vela con la lampara. Lancia richiami e "canti"...

    ARALDO
    Qui, qui tutti, qui subito finché non inizia la notte!
    Qui, attorno all'isola che sta tra l'acqua e il cielo, alla terra che esce dal mare nascondendolo al cielo, terra di una terra che sta sotto il mare più profondo...
    Una terra che trema quando il mare s'inclina...
    Tra poco, tra poco questa terra si popolerà di gente che vi racconterà la sua storia, la storia di un mistero che non è mistero. Gente di un altro tempo, ma anche del vostro, gente che di giorno scruta altri orizzonti, ma la notte guarda lo stesso cielo.
    Tra poco, prima che inizi la notte.
    E' la notte il mio tempo, la notte delle voci senza nome, la notte delle parole che non si comprendono.

    Entra il PRIMO ISOLANO (FABUS del gruppo 7 e CANALONA del gruppo 8) e inizia la sua azione: pugnalare, bucare e ascoltare la terra, tracciare ferite, canali e condotte d'acqua.

    ARALDO
    Quando il sole è più lontano dalla terra, eppure la sua luce è più lunga e più calda; quando le notti sono brevi e piene di stelle, e il sole rimane sulle nostre terre fino ad addormentarle: quelle, quelle sono le notti dei fuochi, le notti in cui s'accendono i falò e qualcuno, sulle alture, interroga il buio e i suoi segreti.
    Sono le notti dei fuochi, le notti dei misteri meno misteriosi.
    Tra poco, tra poco.
    Tra poco ricomincerà l'ultima di queste notti: quella del mio ultimo falò. Quella di un mistero che nemmeno io, sacerdote di quest'isola, seppi comprendere e spiegare alla mia gente.
    La gente di quest'isola la chiama la notte dell'ultimo falò, la notte del mare che s'inclina.
    Da quella notte il mare non è più mare, da quella notte le reti dei pescatori di quest'isola non pescano più.

    Può ripetere pezzi di testo dall'inizio a qui.

    FABUS (dell'8)
    Quest'isola è la mia...
    L'amo, l'odio; sabbia, bianca, morbida, nera, fuoco... avanti, piegata e a passi indietro!

    CANALONA (del 7)
    Questa terra...
    E' magica, diventa del tuo colore quando la tocchi, è ritagliata nella carta, me la devo ricordare!

    (continuano ripetendolo sottovoce)
     

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    2 . INGRESSO

    GRUPPO 8

    Gli isolani entrano correndo, salutandosi, attrezzati di corda e un frammento d'oggetto - il carro; si dispongono in cerchio presentandosi e disponendo la corda per la tonnara.

    FABUS (è già lì; continua sottovoce)
    L'amo, l'odio; sabbia bianca, morbida, nera, fuoco...., avanti, piegata e a passi indietro.

    STANCA (si sente, dà l'inizio a tutti)
    Dall'alto anche le onde sembrano ferme: chi vive qui vede tutti i confini, anche quelli del tempo.

    Frammentati, di corsa, uno sull'altro:

    ERBARA
    Luci e ombre, e ci fai quello che vuoi; sole, giallo, caldo; magica , colorata..., pesta l'erba!
    Incazzuso!
    Occhi finti sulle barche dei pescatori.

    CIPODDA
    La gente parla poco e ha occhi penetranti; salite e discese.

    CARMELA
    Paura dell'acqua, attenti al mare, è come il diavolo: lo diceva la mamma!

    MASTRO CURNACCHIA
    E' un bellissimo vento, salta lo scoglio!

    Infine ripetono tutti la frase di Stanca.
     

    GRUPPO 7

    Azione: vedi sopra; frammento d'oggetto: la scala.

    CANALONA (è già li; continua sottovoce)
    E' magica, diventa del tuo colore quando la tocchi, è ritagliata nella carta, me la devo ricordare!

    SCACCHIERA (si sente; dà l'inizio a tutti)
    L' Etna il re, l'erba il popolo, l'acqua. Prendi l'erba e posa l'erba!

    Frammentati, di corsa, uno sull'altro:

    AQUALTA (in dialetto)
    Facevo squagliare le meduse viola, le meduse che vivono in acqua e muoiono al sole; isola ingrata, sassi bianchi.

    FURESTIERA
    Siamo sempre scalzi, narrano di un bambino che stava dritto in mezzo; c'è un albero di cioccolato, io l'ho abbracciato.

    IMPICCIUSA
    Non ci sono case, tutti vivono dentro i cespugli; è un posto dove si arriva, si sta un po' e poi si parte.

    MULLETTA
    Terra, mare, due sposi arroganti. Schivare l'orizzonte!

    SOLITARIA
    Io sto sul mio scoglio, e conto ciò che viene a galla; il mare d'inverno movimentato.

    Infine ripetono tutti la frase di Scacchiera.
     

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    3 . LA TONNARA

    L'Araldo intona la Tonnara, interrompendo le presentazioni.

    ARALDO
    Jamuninniiiii...

    (3 volte, la terza tutti insieme)

    ... cu' Maria
    A'mmola, a'mmola
    San Giuseppe 'n cumpagnia
    A'mmola a'mmola...

    (solo IMPICCIUSA/CIPODDA)

    ... e lu tunnu puvereddu
    caricamu stu vasceddu...

    (TUTTI:)

    ... a'mmola...

    (interrotto dall'Araldo)

    ARALDO
    Assumma! Assumma! Assumma! Assumma!

    Azione: cerchio di corde attorno alla terra, su e giù come una rete.
     

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    4 . LA TRAGEDIA

    La terra è il mare: apparizione degli oggetti; bastoni sollevati, attesa.

    IMPICCIUSA/INCAZZUSO
    Fermi, fermi!
    Che c'è nelle nostre reti?
    Da dove vengono questi oggetti spezzati?

    Tutti corrono attorno alla terra chiamandosi per nome; si fanno luce; suono del vento

    ARALDO
    Era appena iniziata la notte, e il cielo d'Italia era pieno di luci in movimento, gente che viaggiava, uomini, donne e bambini che si spostavano nel modo più veloce e sicuro: la via dell'aria, la via degli uccelli, la via degli angeli.
    Io l'ho visto... Ho visto partire la luce che poi venne giù... Li ho visti partire alla volta dell'isola, erano ottantuno...
    L'isola ancora li aspetta: quei bambini, quegli uonimi e quelle donne sono diventati i morti delle acque, i morti della fossa del Tirreno.

    Urlo; poi ripreso dal corno; si copre la luce col relitto. Appare il palo "albero" con la bobina; si innalza e si sfila il nastro, fatto scorrere e ascoltato dagli isolani. Correndo entra Senzombra:

    SENZOMBRA
    Non ero lì, ero al mio falò sull'altopiano. Non ero lì, ma da lassù ho visto il mare che si piegava e schiumava, e con fatica riusciva a ingoiare tutto.
    Lì, in quel pezzo di mare che sta tra Ponza e Ustica, le isolette che spuntano dal Tirreno tra Napoli e Palermo. Lì cadde la luce, pian piano, inabissandosi dove il Tirreno è più profondo: tremila metri d'acqua buia seppellirono tutto e tutti, e nessuno vide e sentì più nulla.

    L'Araldo e tutti guardano Senzombra; gli isolani si fermano e indietreggiano.

    SENZOMBRA
    A un certo punto il mio falò si spense, spazzato via da un vento che non conoscevo. E allora non vidi più nulla.
    Vidi solo figure di uomini senz'ombra che si coprivano gli occhi, figure che da allora ritornano nella notte, e iniziano il loro dire quando il mio si ferma.
    A te, Senzombra. Vado in cerca di altre terre, altre isole per i miei falò...

    L'Araldo esce, raggiunge l'altra piazza in bicicletta.
     

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    5 . IL PROCESSO

    SENZOMBRA (leggendo)
    27 giugno 1980: il DC 9 della compagnia Itavia volo IH 870 da Bologna a Palermo, all'altezza dell'Isola di Ustica sparisce dagli schermi radar di Roma Ciampino. Sono le ore 20.59 minuti e 49 secondi.
    Un mistero, un mistero che tutti volevano capire.
    Governo, Forze Armate, Aeronautica Militare, Servizi Segreti.
    Chi c'era allora: Francesco Cossiga, presidente del consiglio, Lelio Lagorio, ministro della difesa, Rino Formica ministro dei trasporti, Giovanni Torrisi, capo di stato maggiore della difesa, Giuseppe Santovito, capo del Sismi.
    Formica relaziona subito al senato, indicando varie ipotesi: collisione, ordigno a bordo, cedimento strutturale -cioè che l'aereo vien giù da solo- e per ultimo il missile.
    Il ministro dei trasporti istituisce una commissione d'inchiesta, la presiede Carlo Luzzati; la magistratura avvia le indagini, prima dirette da Giorgio Santacroce, poi da Bucarelli, e infine da Priore; anche l'Aeronautica avvia una propria inchiesta, e prima di tutti, ma in gran segreto.
    E' andata così, insomma: indagini su indagini, perizie e controperizie, conclusioni subito smentite da altre conclusioni. Per dodici anni.

    Tutti gli isolani: stop su Senzombra, che si mette un paio d'occhiali neri. Battute frammentate tra i vari isolani sulle due isole:

    ISOLANO
    ...quest'isola, quest'isola ancora li aspetta...

    ISOLANO
    ...il falò si spense, spazzato via da un vento che non conoscevo...

    ISOLANO
    ...il mare che si piegava e schiumava...

    ISOLANO
    ...quest'isola, quest'isola ancora li aspetta...

    ISOLANO
    ...tremila metri d'acqua buia, e nessuno vide e sentì più nulla...

    ISOLANO
    ...nessuno vide? Nessuno sentì?

    SENZOMBRA
    I radar.
    Solo da lì, solo da quei punti luminosi dentro uno schermo nero si poteva capir qualcosa. E io ero lì, al mio radar.

    ISOLANO
    Avevamo piantato un albero per avvicinarci a dio, e quella notte il mare ce lo rapì.
    E' il mare, il diavolo.

    Escono Canalona e Fabus, con la loro lampada, e raggiungono la piazza successiva.

    ISOLANO
    E' il diavolo, sì, e ci guarda da sotto sulle nostre barche.
    Anche la mia barca lo vede, coi suoi occhi, ma qualche volta il mare è troppo scuro, e la mia barca ha paura.

    SENZOMBRA
    Marsala, su quest'isola, e Lìcola, e Martina Franca: sono le stazioni radar militari che coprono tutto il basso tirreno. Le loro registrazioni furono immediatamente richieste dalla magistratura, dalla commissione d'inchiesta, da chi stava indagando su Ustica: parte dei nastri non venne consegnata, e venne poi distrutta; parte venne consegnata in ritardo, manomessa.

    ISOLANO
    Ma chi sei tu, anima morta che ti togli la luce?

    SENZOMBRA
    Quella notte era buio, popolo di quest'isola. Era il buio sopra il buio. Nessuno poteva vedere, nessuno poteva sentire. Solo noi, con le nostre macchine. Luci forti, poi, meno forti, poi spente.
    Li avevamo visti partire, e seguiti fin dall'inizio: sapevamo già tutto, in realtà senza sapere. Poi tutto ci fu chiaro, quando tutto non fu più.
    Ragazza, portami via.

    Senzombra inizia a muoversi.

    ISOLANO
    E' uno straniero, un vecchio straniero, eppure conosce i nostri morti e la nostra vita!

    ISOLANO
    Che cosa sapevi, straniero? Che cosa hanno visto i tuoi occhi?

    ISOLANO
    Tienili aperti, i tuoi occhi, straniero! E guardaci mentre ti interroghiamo!

    ISOLANO
    Cosa sono questi racconti? Da dove ti viene questa sapienza?

    SENZOMBRA
    Portami via, ragazza.

    Da questo punto i gesti del cavallo iniziano a entrare nelI'attore , gli isolani indossano la corda come finimento, scalpitare e respirare sulla terra.

    ISOLANO
    Fermati, straniero, e tieni aperti gli occhi!

    ISOLANO
    ...i nostri sacerdoti stavano ai falò...

    ISOLANO
    ...stavano ai falò, quella notte.....

    ISOLANO
    ...e ci dissero che il mare...

    ISOLANO
    ...il mare aveva inghiottito tutto...

    ISOLANO
    ...nel buio e nel silenzio.

    ISOLANO
    ...E ci dissero che quella notte...

    ISOLANO
    ...quella notte c'era un forte vento sulle alture...
     

    SENZOMBRA
    Poveri uomini di quest'isola! Non è colpa vostra se non comprendete la verità che non ha parole, la verità di chi possiede parole che non può dire.
    Via ragazza, portami via.

    ISOLANO
    Ascoltaci: siamo nelle tue mani. Essere utili, per quanto ognuno può e sa, è una fatica bellissima. Ascoltaci!

    SENZOMBRA
    Poveri uomini di quest'isola. Il mio è un sapere che non giova al sapiente, e perciò è cosa orrenda e ingiusta. E' un sapere che non gioverà neppure a voi, che lo reclamate gridando.

    ISOLANO
    Parla vecchio, parla e sciogli i nostri misteri. Il tuo silenzio ci offende come un tradimento.

    Senzombra corre su e giù per l'isola sempre più freneticamente; si compome una quadriglia di cavalli che corre in giostra attorno al palo tenendo teso il nastro; ad ogni giro Senzombra viene travolto e buttato a terra.

    SENZOMBRA
    Avete aperto la terra, uomini di quest'isola, e sotto la terra il mare, e sotto il mare ancora la terra.
    Avete trovato segni nuovi, terrificanti, presagi di altri mali supremi.
    Non sono i mali del mistero, no, non sono i mali supremi che rendono sereni. Sono altri mali.

    La corsa è sempre più veloce.

    SENZOMBRA
    "Non li avete visti", ci dissero.
    E ci dissero che non eravamo lì, che non esistevamo.
    Ci dissero che non avevamo visto cadere quell'aereo, lì, "al posto sbagliato nel momento sbagliato", ci dissero, colpito per errore da un missile. Un errore tremendo, più tremendo del destino, e tremendamente nascosto per dodici anni.
    I vostri antichi morti erano morti allora, in quel preciso istante; e noi eravamo lì, uomini senz'ombra, in quel medesimo istante. Quell'istante diventò un segreto, diventò buio e silenzio.
    E così li seguimmo, i morti delle acque. Da quest'isola li seguimmo, nella Fossa del Tirreno, dentro i gorghi capaci di spolpare le ossa in sussurri e subito di far tacere ogni sussurro.

    I cavalli si fermano, lasciano il nastro, fremono; guardano Senzombra, che parla a loro supplicandoli.

    SENZOMBRA
    Quanta acqua sopra noi, uomini senz'ombra, sopra i morti delle acque. Quella sufficente a far dire "è un mistero, non un segreto", quella sufficente a rendere invincibile la forza dell'oblìo che tutto affonda.
    Quella sufficente a spegnere i vostri falò, sulle alture, e a lasciarli spenti per sempre.
     

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    6 . L'ESODO

    Senzombra per qualche attimo rimane fermo, stop e silenzio degli isolani-cavalli; poi Senzombra si avvia, lento e dolente; gli isolani iniziano a comporre l'assetto per la processione (Carro/Scala) cantando sottovoce il canto dell'esodo. Li segue il corno; quando sono pronti s'incamminano cantando a voce piena:
     

    ISOLANI
    Lu suli sinni và
    domani tornerà
    si mi ni vaiu iu
    nun torno 'cchiù

    Si raggiunge così la piazza successiva
     

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    7 . L'ARALDO IN PIAZZA MAGGIORE

    E' la notte il mio tempo, la notte delle voci senza nome, la notte delle parole che non si comprendono.
    Quando il sole è più lontano dalla terra, eppure la sua luce è più lunga e più calda; quando le notti sono brevi e piene di stelle, e il sole rimane sulle nostre terre fino ad addormentarle: quelle, quelle sono le notti dei fuochi, le notti in cui s'accendono i falò e qualcuno, sulle alture, interroga il buio e i suoi segreti.
    Sono le notti dei fuochi, le notti dei misteri meno misteriosi.
    Era appena iniziata la notte del 27 giugno 1980, e il cielo d'Italia era pieno di luci in movimento, gente che viaggiava, uomini donne e bambini che si spostavano nel modo più veloce e sicuro: la via dell'aria, la via degli uccelli, la via degli angeli.
    Io l'ho visto... Ho visto partire la luce che poi venne giù...
    Li ho visti partire alla volta dell'isola, erano ottantuno...
    L'isola ancora li aspetta: quei bambini, quegli uomini e quelle donne sono diventati i morti delle acque, i morti della Fossa del Tirreno.
    Non ero lì, ero al mio falò sull'altopiano. Non ero lì, ma da lassù ho visto il mare che si piegava e schiumava, e con fatica riusciva a ingoiare tutto.
    Lì, in quel pezzo di mare che sta tra Ponza e Ustica, le isolette che spuntano dal Tirreno tra Napoli e Palermo. Lì cadde la luce, pian piano, inabissandosi dove il Tirreno è più profondo: tremila metri d'acqua seppellirono tutto e tutti, e nessuno vide e sentì più nulla.
    A un certo il mio falò si spense, spazzato via da un vento che non conoscevo.
     

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    EPILOGO

    Con quest'ultima storia, è finita la prima parte della veglia.
    Abbiamo ricordato cinque stragi:
    coi nomi ed i fatti,
    ma anche con le visioni e le poesie,
    perché il ricordo si nutra anche di queste,
    e sia più forte.

    Ora la veglia continua in Piazza Maggiore.
    Lì sentiremo parlare della peste che ha devastato un regno.
    Vedremo il Re Edipo, il suo indovino Tiresia,
    e Antigone, che torna in quella piazza dopo un anno.

    Ci interrogheremo sulla verità,
    su come può essere difficile chiederla,
    e pericoloso trovarla.
    Il Re e l'Indovino parleranno di questo.

    Antigone no, parlerà d'altro.
    Dirà ancora che l'unica forza che abbiamo è non dimenticare.
    Anche se è sempre più difficile,
    e anche se sembra vano.

    Infine, alla stazione, molti attori di molte città si daranno il turno
    per recitare tutta la notte, fino alle dieci e venticinque di domattina,
    l'ora dello scoppio.
    Diranno senza sosta le stesse parti di Edipo, Tiresia e Antigone
    che avremo sentito in piazza:
    come monaci officianti di una preghiera civile,
    mentre noi dormiremo,
    veglieranno per noi.
    Non chiediamo che ci siate, ma che lo sappiate.

    Ora, il nostro gruppo se ne andrà come gli altri quattro:
    ma questa volta vi chiediamo di seguirci.
    Venite con noi in Piazza Maggiore.
     
     
     

    Parte seconda: PIAZZA MAGGIORE

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