Bruno Tognolini
    Il lavoro e le opere di uno scrittore multimediale

    Testi per gli spettacoli all'aperto di "INCANTI E MEMORIE"
    Un progetto di Monica Maimone e Valerio Festi
    I Castelli del Trentino, 1992-94

    Castello di Stenico, luglio1994

    IL CAVALIERE INSONNE

    di Bruno Tognolini

     
     

      Ultimo dei testi dei Castelli, e onorevole uscita dall'avventura, è anche questo avvitato su un ingranaggio di spostamenti e gruppi e guide. Ma stavolta non ne rimane appesantito, mostrando solo delle "escrescenze" drammaturgiche piuttosto divertenti: una serie di pezzi di "riserva" chiesti e realizzati per il caso che qualcosa non andasse, e un personaggio finisse le parole prima (troppo prima) che il gruppo successivo fosse pronto all'alternanza. Per evitare che ammutolisse, o peggio improvvisasse, la regista mi chiese esplicitamente questi "allungamenti del brodo". Fatti salvi i quali, però, questa resta una bella storia: la più intricata e gotica di tutte. Un cavaliere condannato a non dormire scopre infine il motivo dell'incanto, e parte in cerca di una vendetta. Dopo una lunga strada di anni incontra altri incanti d'amore, d'un amore eccessivo, numeroso, che lo distolgono dalla sua cerca: e proprio quando più non cerca, trova, uccide, vendica, e finalmente dorme. Ma per aver inciampato, a sua insaputa, in un altro incantesimo fatale e contrario, la prima notte di quiete sarà l'ultima. Conservo una buona opinione dei versi, delle rime, dei canti, e dei punti in cui s'incarnano con la prosa. E conservo una fatato ricordo della vicenda.
     

    INDICE
     

      • 1 . Prologo . IL CAVALIERE INSONNE
          • A . Azione extra mura
          • B . Azione infra mura
          • C . Riserva
      • 2 . Primo Cortile - L'ANGELO PRIGIONIERO
          • A . Azione
          • B . Riserva
      • 3 . Secondo Cortile - L'ALBERO VERMIGLIO E LA MADRE
          • A . Azione nel cortile
          • B . Azione nel sotterraneo
          • C . Riserva
      • 4 . Terzo Cortile - LE DONNE-CERVO E IL DUELLO
          • A . Azione
          • B . Riserva
      • 5 . Primo Cortile - LE DONNE-FIORE E IL SONNO
          • A . Azione
          • B . Riserva
      • 6 . Epilogo - I TRE INCANTESIMI
     

     

    1 . PROLOGO
    IL CAVALIERE INSONNE

    A . Azione Extra Mura

    Il pubblico è raccolto fuori del castello, a opportuna distanza dalle mura, nessun personaggio è in campo. Una VOCE REGISTRATA estranea all'azione introduce la vicenda, mentre le mura del castello ed il paesaggio vengono gradualmente rivelate e trasformate dalle luci. Quando la voce narrante le menziona, compaiono sugli spalti figure indistinte dalle ali spezzate.

    VOCE FUORI CAMPO
    Narrano le leggende che esistesse, fra le montagne trentine, un castello antichissimo e fatato che appariva e scompariva secondo i mesi della luna. I valligiani lo chiamavano "la Guasta Città", ma a ben pochi fu dato di vederlo. Era abitato - dicono - da strane creature alate, incomplete e malvive: forse spettri di uccelli estinti, forse angeli caduti, forse sogni.
    Al viandante che sotto la terza luna d'estate percorresse quei siti, luminosa e lontana talvolta appariva la fabbrica incerta, e ai suoi spalti si affollavano quegli esseri sfioriti, e uno di essi, facendosi alla porta, lo invitava ad entrare...

    Musica. La porta delle mura si apre e appare l'ANGELO NARRATORE, che cantando (in playback) invita il pubblico a seguirlo. Il pubblico entra, aggira le mura e si ferma alle spalle delle figure dalle ali spezzate.

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    B . Azione Infra Mura

    L'Angelo Narratore prende la parola.

    ANGELO NARRATORE
    Agli spalti del castello si affollavano quegli angeli sfioriti, e uno di essi si faceva alla porta e invitava ad entrare, e riposare ascoltando una storia, e principiava così...

    Visse, un tempo, un Cavaliere
    ricco d'ogni ricco dono:
    di virtudi e di podere,
    grande e forte, saggio e buono,
    di coraggio ben armato,
    di sapienza ben ornato,
    di ricchezza ben dotato,
    ma incantato.
    Sapeva tirare di spada e di lancia,
    sapeva i cantari d'Italia e di Francia,
    sapeva giostrare e poteva morire.
    Ma non sapeva dormire.

    Né mai dormì, Signori, una sola ora di una sola notte per vent'anni!
    Finché, giunto alla maggiore età, incontrò per caso nel bosco, durante una caccia, un santo eremita, che aveva oramai per chiome fronde di faggio, e per braccia rami di tiglio, e resina sudava, e pomi gemeva, e ogni cosa del mondo sapeva.
    Il Cavaliere Senza Sonno interrogò, implorò, minacciò, finché ottenne dal Santo Albero un responso: "Il tuo Sonno è nascosto in un luogo segreto del mondo, e nel mondo dovrai vagare per cercarlo".
    "Ma in quale forma mai lo cercherò?" - domandò il Cavaliere.
    "Non più domande, imprendi la tua Cerca".
    Il Cavaliere tornò al suo Castello, s'armò, e partì.

    Vide prodigi, vide giganti
    Uomini dietro e bestie davanti
    Vide il Re Cervo calare dai monti
    Le Fate Ragne filare racconti
    Isole d'Oro, Baci Fatati,
    Biondi guerrieri decapitati
    Poi la Spada che fu Rotta, e la Pietra che fu Persa,
    Ed un ponte che era fatto di una lama sommersa,
    E la forza di Galvano che cresceva col giorno
    E la valle di Morgana che era Senza Ritorno
    Ed il fiume Brandivino che correva al contrario
    Cosa cerchi Cavaliere solitario?

    Non sapeva cosa cercasse, ma trovò.
    Una chiara notte d'estate giunse a un alto castello tra i monti, luminoso sotto i raggi della luna, e abitato da una ben triste corte: strane creature alate, incomplete e malvive, forse spettri di uccelli estinti, forse angeli sfioriti, forse sogni.
    Quello che pareva il maggiore fra essi gli si fece incontro come se l'attendesse, con fare a un tempo derisorio e rassegnato.
    Ma il Cavaliere, spinto da un cieco impulso, si avventò su questo Angelo indifeso, lo catturò, e lo trasse in vincoli dentro il maniero...

    Musica. Il portone che dà nel Primo Cortile viene aperto, suono, figure e luci guidano il pubblico a transitare.

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    C . Riserva

    Se l'ingranaggio dei tempi richiede di allungare questa prima scena, l'ultima frase dell'Angelo Narratore ("Ma il Cavaliere, spinto da un cieco impulso...") verrà sostituita così.

    ANGELO NARRATORE (di seguito)
    "Chi sei?" - gli chiese tosto il Cavaliere.
    "Ben a tuo danno è scritto che lo impari"
    "E quegli spettri lassù, chi sono mai?"
    "Esseri lievi che terrai per cari"
    "Non li conosco!"
    "Tu li conoscerai"
    "Come parli, Angelo tristo, cosa dici?"
    "Non riconosci più i loro sembianti?"
    "Non son uso contare spettri per amici!"
    "Non ti saranno amici, bensì amanti!"

    A sentir queste parole il Cavaliere, spinto da repentina indignazione, si avventò su quell'Angelo indifeso.
    Non vi fu quasi lotta: l'Angelo gridava con voce d'uccello ferito, che lo lasciasse libero, che lo lasciasse andare, ma non levò mano a percuotere l'assalitore.
    L'assalitore, da sua parte, strinse tra le braccia possenti un gran frullo di piume, un odore muschiato di fiori e selvaggina, e un corpo leggero come una veste vuota.
    Incalzato da un'oscura ispirazione, non ben sapendo cosa si facesse, trascinò quel nulla che urlava per una porta del maniero aperta, e giunto in una sala lo legò con due lunghe corde, prigioniero...

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    2 . PRIMO CORTILE
    L'ANGELO PRIGIONIERO

    A . Azione

    Nel Primo cortile il pubblico trova il CAVALIERE, che dagli spalti domina l'ANGELO PRIGIONIERO. Legato a corde elastiche che gli vietano (e gli consentono) di volare, l'Angelo Prigioniero è una figura femminile forte e ribelle, che nel costume ricorda decisamente l'Angelo Narratore che l'ha preceduta. Il Cavaliere parla dapprima quasi tra sé, in un monologo amaro interpunto da battute dell'Angelo (la prima appena un breve grido), che vola e salta furente appeso ai suoi lacci.

    ANGELO PRIGIONIERO
    Lasciami andare!

    CAVALIERE
    Dimmi dov'è il mio sonno.
    Io vedo e conosco ogni cosa, i miei occhi non si chiudono mai. Vedo e conosco ogni fase della luce, i chiarissimi pensieri dei mattini, il demone bugiardo del meriggio, la sapienza visionaria delle albe. E le notti, le astratte notti, senza fine.
    Ma una cosa mai vidi e mai conobbi: il buio del cuore che scorda ogni cosa, e riposa.
    No, forse una notte... da bambino... dormii. O sognai di dormire. O immaginai di sognare, e li vidi: sei cervi maestosi e amorosi, coi cari musi morbidi chinati su di me. E come le lingue tiepide lambirono la fronte, un'ala dal tocco ignoto mi sfiorò, un'onda di struggente miele nero, una culla di oblio, di piacere... e non c'era più nulla, più nessun Cavaliere... e più nulla!
    Forse quell'onda era il sonno, ma fuggì.
    E dov'è, ora?

    ANGELO PRIGIONIERO
    Nasce la terza luna d'estate
    Aprono gli occhi sei cerve fatate
    Cresce la luna e sotto il suo raggio
    Cresce dal buio il castello miraggio
    La luna è grande, la luna è piena
    L'Angelo è appeso a una buia altalena
    Piange la luna sei lacrime amare
    Lasciami andare!

    CAVALIERE
    Dov'è il mio sonno? Rispondi, Prigioniero!
    Ogni creatura che sia viva, dorme. Dormono gli innocenti il sonno lieve che la loro giornata ha meritato; dormono gli oziosi e i torpidi che mal sono svegli da svegli; dormono gli empi a dispetto dei crimini loro! Dormono i cani codardi, gli uccelli, le piante, ogni bruto ha il suo pane di oblio, che gli spetta ogni giorno!
    Il sonno è presso ognuno. Dov'è il mio?
    Il Santo Albero mi disse di cercarlo. Son sette anni che lo cerco. Cosa cerco?
    Una creatura, una sostanza, un vento? Cos'è il sonno, com'è? Qual è il suo volto?
    Non ne ebbi mai traccia. O forse un giorno...
    In un suburbio, un mendico deforme con un suo lurido staffile tormentava certe giovani donne. Come la legge dei Cavalieri impone mi accingevo a impartirgli il suo castigo, quando mi vide e rise orribilmente, e fuggendo gridò:...

    ANGELO PRIGIONIERO
    Lasciami andare!

    Interrotto nel suo racconto, il Cavaliere si volge incollerito all'Angelo Acrobata.

    CAVALIERE
    Tu Angelo, spettro malvivo, sai qualcosa! Se ogni creatura che sia viva dorme, tu non sei vivo: non dormi. Sei prigioniero della veglia, come me! Sai qualcosa del sonno perduto, Angelo Morto?
    Quel nano mendico gridò parole oscure, d'alberi, d'angeli, d'usignoli, e poi svanì. Sai dove si nasconda? Sai chi sia? È lui il mio sonno? O lui lo custodisce? E l'angelo di cui parlava, sei forse tu?
    Rispondimi!

    ANGELO PRIGIONIERO
    Lasciami andare, e ti risponderò.

    CAVALIERE
    Parlami! Dove è nascosto il sonno che cerco? E dov'è il tuo? E perché tu non lo cerchi?

    ANGELO PRIGIONIERO
    Gira la fiaba, Signore potente
    L'Angelo Appeso non cerca più niente
    Gira lo specchio, Signore spietato
    Tu lo cercavi e io l'ho trovato
    Chiudi la Cerca, Signore straniero
    E sarai tu prigioniero

    CAVALIERE
    E sia! Parlami dunque con lingua manifesta.

    Il Cavaliere ruota appena la sua spada, e le corde elastiche si staccano e cadono al suolo: l'Angelo, libero, ride ed esce di rima.

    ANGELO PRIGIONIERO
    Sì, Cavaliere, guarda: è uno strano posto.
    Non è la prima volta che sei qui, non è vero?, anche se mai venisti. Questo Castello è insieme meta e via: qui ogni tuo cammino era diretto, ma nel camminare tu mai sei partito da qui. Guardati intorno: non è vero forse?
    E guarda l'Angelo che hai stretto in vincoli, Signore: tu lo conosci, benché mai l'abbia incontrato. Molto con te ha vegliato, molto ha vagato, benché mai sia partito da qui.
    Enigmi, dici? Tra breve giro ti saranno manifesti.
    Odimi, ora.
    Tu vai cercando il tuo sonno.
    Io non so dirti dov'è, ma so una storia. Odila, e poi dimmi se avrò pagato il pegno mio.

    L'Angelo Liberato si dispone a narrare, e comincia.

    Visse un tempo un fosco Re Geloso e Mago, che teneva la sua bellissima Regina prigioniera di un'alta torre, lontana dal mondo. Dalla finestra di quella torre, tuttavia, si scorgeva un Grande Albero Meraviglioso dai Fiori Scarlatti, che quel Re aveva condotto dai suoi viaggi...

    Musica. Viene aperto il portone che dà nel Secondo Cortile, al cui interno si vede splendere l'Albero Scarlatto: suono, figure e luci guidano il pubblico a transitare.

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    B . Riserva

    Se l'ingranaggio dei tempi lo richiede, la seconda scena può estendersi in coda così.

    ANGELO PRIGIONIERO (di seguito)
    ... Egli partiva infatti per lunghe missioni, di cui nulla diceva mai, da cui tornava con insoliti bottini: filtri fatati, gioielli arcani, prodigi, creature straordinarie, opere oscure delle dieci arti vietate. Recava sovente anche fanciulle schiave, che chiudeva nei sotterranei del castello: da lì nessuno le vedeva uscire, solo si udivano le suppliche e i lamenti. E dopo breve, tacevano anche quelli.
    Né più valevano suppliche e lamenti alla sua Regina Reclusa, che consumava la primavera della vita tra quelle mura anguste, sgranando tra le dita lacrimose l'interminabile rosario delle ore, senza il conforto del sole, dei canti, della gaia compagnia, e d'un amore tenero e sincero.
    Dodici fughe tentò, per dodici vie diverse: giù per le mura, dai corridoi, di notte, corrompendo le serve, fingendosi morta, o malata, o pazza. Invano: i vigili custodi del consorte, o le sue arti maghe, sventavano ogni piano ed ogni ingegno, riconducendola penosamente lì. A meditare, a piangere, a mirare il Grande Albero Scarlatto...

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    3 . SECONDO CORTILE
    L'ALBERO VERMIGLIO E LA MADRE

    A . Azione nel Cortile

    Il pubblico entra ed ammira l'Albero Vermiglio luminoso e canoro. Da una finestra che guarda sull'Albero, o dagli spalti, appare la MADRE che riprende la narrazione dell'Angelo: in rima in prima persona, in prosa in terza.

    MADRE
    Albero Vermiglio, Albero Scarlatto
    Coi tuoi fiori dolorosi stringo un patto
    Albero Scarlatto, Albero Vermiglio
    Per ogni fiore una stilla del mio ciglio

    E piangendo e mirando così, la Regina scoprì che quell'Albero Vermiglio era incantato: gemeva suoni d'amore e fiori rossi, che solo gli amanti infelici potevano udire e vedere. Lei li vide e li udì per sei notti, sei notti di vigilia profumate, voluttuose, disperate. E quando la settima volgeva già il suo corso, quella contemplazione ebbe il suo premio: un amante fatato venne a lei dall'Albero Vermiglio, volando sotto forma di Usignolo per l'esigua finestra della cella.

    Dove voli, uccello triste
    Volo da te mio amore
    Che stranezze mai più viste
    Volo dentro il tuo cuore
    Il mio cuore non è un nido
    Ma l'amore mi muove
    Del tuo amore non mi fido
    Mettimi sette prove

    Sette prove mise la Regina all'Usignolo, e nelle sette notti che seguirono egli tutte le superò: e così la Reclusa alla fine si arrese ai suoi abbracci. L'Usignolo tornò da lei ogni notte, e i due vissero un felice e lungo amore. Ma un giorno infausto, per un infausto caso, una serva infedele scoprì e svelò al Re la tresca: e il perfido, allontanata la Regina, munì la finestra di lame celate ed acute, intrise di veleno.

    Vola via, uccello amato
    Io volo a te vicino
    Vola via, sfortunato
    Volo nel tuo giardino
    La sorte si prepara
    Volo da te mia cara
    La lama è velenosa
    Volo da te mia sposa

    E l'Usignolo volò, e sulle punte aguzze si ferì, e ferito fuggì, senza mostrarsi. La Prigioniera molto pianse quella notte, e la seconda, non vedendolo arrivare. La terza riuscì a fuggire nel giardino, e vi trovò una triste scia di sangue, che la condusse ad un passaggio oscuro celato dentro l'Albero Vermiglio. Per esso fuggì nei mondi sotterranei, dove a lungo vagò senza ragione, finché sortì dall'altra parte della terra. Qui sorgeva la dimora del suo amante: la Regina bussò...

    Musica. Viene aperto l'accesso che conduce al Sotterraneo: suono, figure e luci guidano il pubblico a transitare.

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    B . Azione nel Sotterraneo

    Nella sala del Sotterraneo il pubblico vede volteggiare nel buio un grande Uccello Colorato, mosso da un Servo Nero, mentre una voce di bambino canta accompagnata dalla ghironda.
    Finito il canto e il volo, l'uccello scompare e il bambino emerge dal buio, vestito d'un costume che richiama da vicino l'uccello. Appare anche la MADRE - scesa dal loggiato ed entrata nella sala durante la scena del volo - e prende il BAMBINO-USIGNOLO tra le braccia, in una breve Pietà.

    MADRE
    Uccello Vermiglio, uccello Scarlatto
    Amore mio dolce, che cosa t'han fatto
    Uccello Scarlatto, uccello Vermiglio
    La sposa che piange già porta tuo figlio
    Uccello Vermiglio, uccello Scarlatto
    Un figlio che paghi vendetta e riscatto
    Con sangue Scarlatto, con sangue Vermiglio
    E fino a quel dì viva sveglio

    Il Bambino-Usignolo muore: la Madre lo depone, quindi chiude la narrazione che l'Angelo Prigioniero aveva cominciato.

    MADRE
    Sì, per sempre sveglio: finché non abbia vendicato la morte del padre Usignolo. Così il Cavaliere apprese il segreto del suo sonno perduto, e insieme ad esso il compito che lo attendeva: una nuova Cerca, stavolta di vendetta.
    Liberò e ringraziò l'Angelo che aveva narrato, partì da quel castello illusorio, percorse contrade e affrontò meraviglie, e giunse infine al bosco incantato di Esclarmonde...

    Musica e luci guidano il pubblico a passare dal Sotterraneo al Secondo Cortile, e da quest'ultimo al Terzo.

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    C . Riserva

    Se l'ingranaggio dei tempi lo richiede, la terza scena può estendersi sostituendo l'ultima frase della Madre ("Liberò e ringraziò l'Angelo... ") con la seguente battuta.

    MADRE
    (...) Liberò e ringraziò l'Angelo che aveva narrato, e partì dal castello.
    Viaggiò, e viaggiò, senza fiato, per terre e per mari.
    Un nuovo vigore moveva ora i suoi passi: non più vagava in cerca del suo sonno, di un'essenza la cui forma è sconosciuta, che non può essere presa né compresa; ma in cerca d'un vile uomo, benché mago, fatto di carne che la spada può ferire, e di sangue che dovrà scorrere a morte. Questa carne e questo sangue cercava, felice e feroce, cavalcando per monti e per valli, e chiedendo ad ognuno: conoscete un Re Mago crudele? Lo Stregone dell'Albero Scarlatto? Il Re che uccise il magico Usignolo?
    Ahimè, Cavaliere, e domanda, e domanda di nuovo! E cerca, e trova, e uccidi, e attendi il sonno; ma la veglia inesorabile ti annuncia che il Re Mago Assassino vive ancora. E allora parti, e ancora viaggia, e ancora uccidi!
    Sette anni passarono ancora, lenti e luttuosi.
    Finché un giorno, in una lontana terra, il Cavaliere giunse a un bosco incantato, che aveva nome Bosco d'Esclarmonde...

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    4 . TERZO CORTILE
    LE DONNE-CERVO E IL DUELLO

    A . Azione

    Nel Terzo Cortile luci ed effetti scenografici figurano l'atmosfera stregonesca del bosco di Esclarmonde. La narrazione è ripresa da una creatura misteriosa, timorosa e fugace, deformata da una complessa protesi animale: è la DONNA-CERVO.

    DONNA-CERVO
    Pascolo e fiume, fame e sete, fuga e sonno, ormai quasi altro non v'è.
    Fino il ricordo delle nostre mani bianche, a battere questi zoccoli, svanisce: e delle case, e del mite conversare, e del riso, e del canto, e di quanto a dir breve divide gli umani da belve!
    Noi umane eravamo e siamo belve: sei cerve giovani, nel bosco di Esclarmonde.
    Rapite ai villaggi e ai castelli da un Nano Stregone, fummo violate da vili torture, incantate da nere fatture, strappate alle nostre nature e volte in bestie.
    Ma il nero mago non compì l'opera sua: troppo acerbo il suo potere, ed imperfetto.
    La metamorfosi si fermò al suo mezzo. Ahi, peggio!
    Poiché destino di gran lunga più clemente sarebbe stato essere cerve fino in fondo: forti, selvagge, immemori di tutto!
    E poiché il Nano a ogni tramonto ci punisce: ci batte a sangue con un suo lurido staffile, ci persuade a frustate a abbandonare gli estremi lembi del sentire umano, che stringiamo coi denti.
    Ogni giorno il tramonto è di sangue.
    Ogni sole che muore una scintilla d'umana luce si estingue insieme a lui.
    Ed è già qui la notte delle bestie...

    Mentre la Donna-Cervo piega desolata il capo, fa il suo ingresso sugli spalti lo stuntman che interpreta il Cavaliere. La Donna-Cervo lo guarda (segnalandolo così al pubblico) e si riscuote, cambiando tono.

    DONNA-CERVO
    Finché un giorno, al tramonto, fece ingresso nel bosco un Cavaliere, sul cammino di qualche sua segreta Cerca.
    Udì i lamenti delle cerve tormentate, li seguì, giunse, vide!
    E ciò che accadde poi, gli occhi mirarono increduli e felici.

    Appare sugli spalti il secondo stuntman, il Nano, e l'azione si sposta sul loro campo lungo: musica, duello acrobatico, morte del Nano. Le grida esultanti della Donna-Cervo riportano luci e azione su di lei.

    DONNA-CERVO
    Morto, sorelle, il Nano Negromante!
    Guardate il suo sangue nero come scorre!
    Guardate il bosco che lo beve e rifiorisce!
    Guardate il fiume d'argento che lo lava!
    Sentite i venti come ridono lontani!
    Sorelle Cerve! Guardatevi le mani!

    Musica: la Donna-Cervo si guarda e mostra le mani che finora ha tenute nascoste, e lentamente prende a spogliarsi delle protesi, in una metamorfosi a vista. Quando infine è del tutto donna, parla in rima leggera e gioiosa, come intrecciando una danza di corteggiamento.

    DONNA-CERVO
    Ecco le sei sorelle
    Chi siete o risplendenti?
    Siamo le Cerve belle
    Tornate dai tormenti
    Ecco le belle Cerve
    Chi siete o deliziose?
    Noi siamo le tue serve
    Voi siete le mie Spose

    Sì! A tal punto la nostra novissima forma pareva leggiadra, a tal segno era fresca la nostra bellezza rinata, che il Cavaliere si innamorò di tutte e di ciascuna.
    E grate ed ebbre di rinascere al mondo parlante, tutte e ciascuna riamammo quel bel salvatore, di un unico vivido amore.
    E il Cavaliere Senza Sonno, con Sei Spose, partì dal bosco per continuare il suo cammino.

    Musica. Guidato da luci e servi di scena, il pubblico attraversa il Secondo Cortile (deserto perché l'altro gruppo di pubblico è nel sotterraneo), e torna nel Primo.

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    B . Riserva

    Se l'ingranaggio dei tempi lo richiede, la quarta scena può estendersi in coda così.

    DONNA-CERVO (di seguito)
    (...) Lungo il cammino, per tutto il breve resto di quel giorno, apprendemmo le sue vicende portentose: come egli mai nella sua vita avesse attinto la grata acqua del sonno; come all'età maggiore avesse accolto da un pio eremita il suo compito di Cerca; e come questa Cerca fosse assidua, ardua, feroce. E come alfine, grazie a un Angelo in catene, il suo oggetto divenisse manifesto: per trovare il suo sonno perduto, cercare l'assassino di suo padre, e trar vendetta di lui.
    Questo apprendemmo del suo passato, nei racconti che accorciano la via. E nei bivacchi, che allungano la notte, in una notte interminabile d'amore, apprendemmo del suo presente tutto il resto.
    L'indomani ripartimmo di buon'ora. Il bosco d'Esclarmonde era finito, ora s'aprivano le Grandi Terre Leggendarie, ricche di luoghi magici, i cui nomi suonano nelle canzoni delle gesta: il Castello della Pessima Avventura, dove servono Trecento Prigioniere, che il Cavaliere Ivano salverà; il Castello di Laudina, dalla cui grata vivente sarà chiuso; Il Castello di Limors, dove Sir Erec morirà di morte finta; il Verziere di Maboagrain, irto di teste mozze dei nemici che il suo Sire è forzato ad affrontare.
    E infine ultima, ma bella sopra tutte, sul far del tramonto apparve ai nostri occhi la Gran Valle Dorata...

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    5 . PRIMO CORTILE
    LE DONNE-FIORE E IL SONNO

    A . Azione

    Nel Primo Cortile vi sono due ambientazioni distinte e successive: la Valle Dorata e la Valle Senza Suono. Nella prima il pubblico trova il CAVALIERE che riprende il racconto. Quando nel narrare le nomina, appaiono le DONNE-FIORE (danzatrici), che di qui in poi figureranno con le danze gli eventi narrati.

    CAVALIERE

    Cavalcai, per luoghi di immensa bellezza, famosi nei canti: valli e castelli, monti e verzieri, laghi e selve.
    Bellezza e gioia cavalcavano al mio fianco: sei visi diversi in un unico sole d'amore.

    Che cosa vedi, Cavaliere? Vedo il sole.
    E poi? Vallate di luce fumosa, sciami d'oro portati dal vento.
    E poi? Laghi d'argento.
    E il tuo compito? E la vendetta? E la tua Cerca?
    Io sono giovane, il tempo basterà.

    Giungemmo a una valle dorata, tremante di luce. Ci accampammo.
    Il tramonto spalmava i declivi di crema d'arancia, i venti erano calde scie di miele, c'erano fiori, fiori, dappertutto!
    Ed eccole! Sei fiori prodigiosi, ai bordi del bivacco, schiusero le corolle e ci guardarono, con visi di fanciulle, bellissime, gaie, curiose di me!
    Le interrogai.
    Ridendo protestarono che nessuno le opprimeva, che nessun mago le aveva mai incantate, che tali erano per natura loro: Donne-Fiore, creature del maggio.
    Incredulo, insistetti: se l'incantesimo era ben compiuto - quale non fu per le cerve - toglieva al tramutato anche il ricordo di chi e di cosa fosse stato mai.
    La mia spada cercava un altro empio. O il mio cuore cercava altre sei spose. O l'una cosa e l'altra.
    Le creature del maggio, ridendo dei miei affanni, danzarono per me.

    Qui può inserirsi un brano di sole danze, esteso per quanto i tempi consentano o richiedano: al termine del quale il Cavaliere estrae la spada e "recide" le Donne-Fiore. Queste, persa ogni gioia e ogni danza, mestamente si dispongono a seguirlo.

    CAVALIERE
    E furon quelle danze, strane e dolci, a decidere del mio fato e del loro.
    Domandai se mi volevano seguire. Risposero di no.
    Insistetti. Ricusarono ridendo.
    Non ragionavo più: parlai con ira. Più non risero, ma continuarono a negare.
    Fui certo allora che quel diniego fosse frutto del loro incanto stesso, e dall'incanto convenisse estirparle contro il loro volere.
    Estrassi la mia spada... e le estirpai.
    Ahimè... che la spada di un Cavaliere non fu fatta... per cogliere mazzi di fiori!
    Le vidi tramutarsi in chiare donne, bellissime, più di quanto mai sperassi.
    Vidi queste sei donne porsi miti al mio fianco, con sorrisi amorosi, savi, e mesti.
    Vidi le altre disporsi all'altro fianco, con sorrisi compagni.
    Felice fra dodici spose, ripresi il cammino.

    Il Cavaliere si sposta, o la luce e la scena cambia intorno a lui: arriva nella Valle Senza Suoni.

    CAVALIERE
    Ma quel cammino era prossimo alla fine.
    La valle successiva era nomata la Valle Senza Suoni: un'antichissima magia vi dimorava, che annegava ogni parola e ogni rumore in un denso lago di nulla.
    Qui, stupefatto dal luogo, dal silenzio, dal mio numeroso amore, alfine decisi.
    E alla terza luna d'estate che nasceva, con voce infranta proclamai così:

    Mai più Cerca, mai più sangue, mai più spada:
    qui depongo il mio voto di vendetta.
    Qui il ferro col furor s'allenti e cada,
    qui rinuncio al giusto sonno che mi spetta.
    Io sono giunto: e tutta la mia strada
    portava in questa valle benedetta.
    Beneditemi or voi, dodici donne.
    Vivrò per sempre qui, per sempre insonne.

    Calava la notte, innumerevoli stelle incrostavano il cielo.
    Là, nel silenzio immane, sentii per la mia prima volta la pace del cuore.
    Là le mie molte spose a lungo amai, tutte e ciascuna, ed erano ormai innumerevoli come le stelle.
    Poi chiusi gli occhi, ed erano le stelle...
    E poi non fu più nulla...

    Il Cavaliere si addormenta. Accanto a lui (o altrove) appare l'Angelo Narratore del Prologo, lo guarda.

    ANGELO NARRATORE
    ... E fra le stelle, dentro quel nulla enorme, il Cavaliere, finalmente, dorme.

    Musica. Il portone del Primo Cortile viene spalancato dall'esterno, e l'Angelo Narratore invita il pubblico a seguirlo fuori le mura.

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    B . Riserva

    Se l'ingranaggio dei tempi richiede di prolungare la quinta scena, la battuta dell'Angelo Narratore sarà così.

    ANGELO NARRATORE
    ... E fra le stelle, dentro quel nulla enorme, il Cavaliere, finalmente, dorme.
    Dormì, e sognò.
    Sognò un castello immenso, maestoso, di pietra bianchissima, arroccato alle vette supreme dei suoi monti, ben munito di sei cinta di mura. Mentre la valle dormiva serena nel suo letto di buio, i primi raggi dell'alba accendevano di rose accecanti le altissime torri, svettanti oltre le nuvole del cielo. Le squille di trombe d'argento annunciavano il giorno al Signore del Castello e alle sue Spose. Un'aquila sola volava più in alto dei merli, un grido solo suonò nelle convalli, echeggiando l'omaggio al Signore. E il Signore era lui.
    Il tempo era trascorso: la fortuna ed il valore, da quella notte nella Valle Senza Suono, gli avevano procacciato in abbondanza ricchezze, potere, reami, eserciti e corti. Aveva fatto edificare quel castello, vi dimorava con le sue dodici spose, in cento stanze e con cento serve per ciascuna. La neve dell'età s'era posata sulla lunga sua chioma, mentre i volti e i sembianti delle donne non recavano traccia di quegli anni: forti ed agili e snelle come cerve, belle e radiose e calde come fiori.
    Schiude gli occhi e sorride il Sire Anziano, nel sonno che si scioglie al nuovo giorno.
    Chiude gli occhi e sorride il Cavaliere nel bel sogno che il suo primo sonno gli dona.
    La terza luna d'estate era ormai alta: fuori da quel bel sogno, per i viandanti della Valle Senza Suoni, un diverso destino si compiva.

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    6 . EPILOGO
    I TRE INCANTESIMI

    Fuori le mura le Donne-Fiore (figuranti più un'attrice) son sul prato che degrada verso il castello, mentre le Donne-Cervo (anch'esse figuranti più un'attrice) si sporgono dalle finestre o dagli spalti. Nell'opportuna e visibile posizione una comparsa giace addormentata con l'identico costume del Cavaliere. L'Angelo Narratore si muove libero per tutta la scena.

    ANGELO NARRATORE
    Dormi dormi Cavaliere
    Le tue stelle sono vere
    Le tue spose sono finte
    Le tue guerre sono vinte
    Il cavallo s'è stancato
    Il Signore s'è fermato
    Le magie si sono rotte
    Questa notte!

    Alta si schiuse la notte sul Cavaliere che dormiva, stanco della sua lunghissima giornata.
    Alta e stellata su lui si posò come un manto
    la notte delle rivelazioni.

    Esplodono le grida di festa e di gioia delle Donne-Cervo.

    DONNA-CERVO
    Oh sorelle sorelle accorrete! Ascoltate! Ridete!
    Oh Fiori danzate con noi!
    L'incantesimo è rotto! Guardate!
    Il nostro Sire e Sposo
    ha trovato il riposo,
    guardatelo, sorelle fiordaliso!
    Asciugate dal pianto il vostro viso!
    Noi sappiamo il segreto,
    guardate sorelle,
    il Bel Sire che dorme quieto!
    Come possa avvenire il prodigio ascoltate,
    oh Fiori, imparate da noi!

    Un Nano crudele ci teneva nei tormenti, rapite alle care madri e ai giusti amori. Un Nano Negromante il cui turpe destino, il cui compito affidato dall'inferno era rapire e tormentare donne.
    Innumerevoli fanciulle, in molti modi, e sotto diverse specie egli oltraggiò. Tra esse, molti anni addietro, vi fu anche una giovane Regina, che sotto il falso sembiante del suo Re egli chiuse nelle angustie d'una torre.
    Sì! Udite la maraviglia dei destini, cui mai nessuno fugge: il Nano che ci teneva prigioniere fu un tempo il Re dell'Albero Scarlatto! Fu colui che uccise il magico Usignolo, padre segreto del Cavaliere Insonne! Colui che il Cavaliere andava cercando per trarne vendetta! E lo trovò, e non lo riconobbe. E l'uccise per liberare noi. E inconsapevole, liberò se stesso.
    Tutto è compiuto, tutto è pagato adesso.
    Tutto è pace, sorelle, e riposo: dormiamo con lui!

    ANGELO NARRATORE
    Dormi dunque Cavaliere
    Le tue stelle sono vere
    Le tue spose sono finte
    Le tue guerre sono vinte
    La vendetta è consumata
    La tua Cerca è terminata
    Le magie si sono rotte
    Questa notte!

    Bella e stellata è dunque la prima notte di riposo,
    ma immenso è il suo corso: ci sarà ancora tempo, Cavaliere, per altri racconti,
    per altri fatali incanti. E per i pianti.

    Si levano le grida di lutto e di pianto delle Donne-Fiore.

    DONNA-FIORE
    Oh sorelle sorelle piangete! Ascoltate e piangete!
    Cerve dolci, non chinatevi in sonno, non dormite con lui!
    Prestateci ascolto,
    guardate quel volto,
    nel sonno un segreto è sepolto.
    Infausto! Noi conosciamo quel segreto!
    Sorelle! Non lo vorremmo dire mai!
    Piangete, cerve mansuete:
    gli incantamenti non son finiti ancora.
    Piangete la prima notte di quiete
    che non vedrà l'aurora.

    Noi siamo Rose di un giardino antico, nate da incanti di bellezza e vanità. Non fummo mai donne, non fummo mai altro che Fiori!
    Un Mago Giardiniere ci creò: da semi raccolti in notti fatate, da terre ai remoti confini scavate, da acque rattinte a fontane sognate, e viviamo e fioriamo in eterno.
    Ad ogni primavera sorgiamo dalla terra nella gioia, per dar gioia ai viandanti estenuati, e amore e riposo. E a dormir nella terra torniamo nel gelido inverno: e così ad ogni vece in eterno.
    Ma udite l'incantesimo fatale: se qualche viandante, caduto in amore di noi, ci strappa al grembo della selva madre, ci mutiamo in vere donne, e care spose, e viviamo un giorno splendente d'amore e di luce... Ma ahimè, un giorno solo!
    Al suo tramonto il fiore appassisce, l'incanto finisce.
    E chi ci ha strappate alla selva perisce con noi, appena i suoi occhi si chiudano nel primo suo sonno.

    ANGELO NARRATORE
    Dormi dunque Cavaliere
    Le tue stelle sono nere
    Le tue mani sono terse
    Le tue guerre sono perse
    La tua vita è terminata
    La tua morte è cominciata
    Mille notti più una notte
    Questa notte!

    Mentre l'Angelo Narratore continua, le Donne-Fiore raccolgono il corpo del Cavaliere e lo conducono nel castello; le Donne-Cervo aprono le porte e accolgono il funerale.

    ANGELO NARRATORE
    Così calò la prima notte di riposo, che fu l'ultima, sul Sire addormentato.
    In quella Valle Senza Suono, nel suo primo sonno, il Cavaliere Senza Sonno morì.
    E con lui languirono e morirono le donne che il suo valore aveva tolto al regno delle belve, e le altre che la sua protervia aveva strappato al mondo dei fiori.
    Ma vi fu ancora un ultimo incanto, il più tenace.
    La forza del loro amore prodigioso, corto e accecante, dodici volte vivo, combatté con la Morte una pugna senza tempo e senza luogo. E la vinse, e alla Morte strappò una tregua, e questo patto: ogni terza luna d'estate il Cavaliere si desterà dal suo sonno mortale in un castello fatato, che per quella sola notte sorgerà in una valle tra i monti. Accanto a lui si desteranno le dodici spose sfiorite, ed egli ancora le amerà, perdutamente, per lunga parte di quella immensa notte.

    Finché vedrà arrivare un Cavaliere, stanco di lunga via, e andrà ad accoglierlo alla soglia del Castello.
    E il Cavaliere, senza dire verbo, lo assalirà, e lo trarrà in catene, e lo indurrà a raccontargli una storia.
    Questa storia, che qui ha la sua fine.

    Durante le ultime battute di quest'Epilogo, le Donne-Fiore e le Donne-Cervo sono apparse sugli spalti, lamie e figure indistinte dalle ali spezzate: e per luci, posizioni e costumi la scena assume l'identico aspetto della prima scena dello spettacolo.

    Musica. Fine.


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