Laboratorio Teatro Settimo
    AB ORIGINE: LUOGHI PER DURA MADRE MEDITERRANEA

    TESTI TEATRALI
    I principali testi e materiali letterari elaborati nel corso del laboratorio
    a cura di Bruno Tognolini

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    "LITIGAVANO..."

    Questa prima versione, come accade in certi casi fortunati, fu anche l'ultima.
    La scrissi parafrasando blandamente un brano assegnatomi della solita "Eva Luna", annodando temi e segreti scoperti dal "gabinetto drammaturgico", e specialmente guardando e ascoltando molto l'attrice, Lucilla Giagnoni. Andò subito bene a tutti.


    Litigavano, altro se litigavano! Qui non lo dice nessuno, ma litigavano. Io non lo so perché non c'ero, non ero nata: quando son nata io hanno finito di litigare, per forza. Ma l'ho capito. Da certe cose che dice Demetra, quando racconta: si capisce.

    Per esempio, quando il Colonnello è venuto a sapere delle visite che mia madre faceva a quelle suore. E che stava pensando di entrare nell'opera pia. Lo ha visto andare in bestia per la prima volta, quella volta. Per forza. Figurarsi se lui sopportava che sua moglie andasse a brigare nelle cose di chiesa, lui che era andato a fare il sovversivo con gli studenti, ed ancora doveva andarci, eccome se ci sarebbe andato, avrebbe visto... E giù a gridare, camminando avanti e indietro nella sala, che glie le faceva passare lui le maledette voglie di andare in giro con le candele, che lui non era uno zimbello che la moglie poteva mettere in ridicolo così. E mia mamma lo lascia strillare finché non ha finito, e poi, distratta com'è, gli chiede se è capace di muovere lo orecchie.

    Eh, devono essere stati tempi duri. Era nervoso, il Colonnello, stava molto tempo chiuso in camera, a sentire la radio, di nuovo come prima, come quando era ragazzo. E quando veniva giù si vedeva subito che cercava la rissa.
    Bisognava girare al largo.

    Poi mia mamma rimase di nuovo incinta, e il Colonnello si calmò. Ma durò poco. Perché venne fuori la questione dei nomi. Il Colonnello voleva un maschio questa volta, così avrebbe portato il suo nome. Mia madre invece voleva il nome Esteban per un maschio, ed Elena per una femmina. Il Colonnello divenne furioso: disse che quelli erano nomi da commercianti stranieri, che nessuno si chiamava così né nella famiglia di lui né in quella di lei, che almeno uno doveva chiamarsi come il padre, e come il nonno. Ma mia madre spiegò che i nomi ripetuti creano confusione nei diari, sante parole, e non ci fu niente da fare. Così arrivò Esteban, povero Esteban.

    Certo, deve essere stato un grande amore. Appassionato. Mia madre ha sempre saputo come prenderlo, per certe cose. Be', visto come hanno cominciato... Ma poi sono anche andati avanti, e benone. Tutte le sere la marcia dell'Aida. Anche quando la mamma era incinta. E per forza: era incinta quasi sempre... Quando era incinta litigavano perché lei si vergognava che la vedesse nuda, con quella gran pancia. Lui invece voleva farle il bagno, diceva che una donna con la pancia ha il suo bello. Lei alla fine non diceva di no.

    Quando mia madre aspettava Fosca il Colonnello era di nuovo fuori della grazia dei santi. Hanno cominciato a litigare sui nomi dal primo mese, e avanti per nove. Mia madre non ne voleva proprio sentire dei nomi di famiglia ripetuti: diceva che voleva fondare un'altra stirpe, e che i nomi dovevano essere in ordine alfabetico, anzi, erano già, e bisognava andare avanti. La nonna Anna, lei, Beatrice, il Colonnello, Demetra, Esteban, ed ora veniva effe: Fulvio, o Fosca. Diceva che così si metteva un limite alla divina provvidenza, un limite grande, di ventuno, ma un limite. E poi almeno imparavano a scrivere, come avere un abbecedario che parla e che cammina. Il Colonnello ascoltava queste storie con le sopracciglia che promettevano tempesta. E giù litigate da non parlarsi per tre giorni, chiuso in camera a sentire la sua radio. Ma niente, anche stavolta l'ha avuta vinta lei, ed ecco: Fosca.

    Brutto momento dev'essere stato tra Fosca e me, che il Colonnello era debilitato, ed è caduto dalla scala. Quattro mesi avvolto nelle bende, tra stecche, cerotti e ganci, e col prurito dappertutto. La mamma è rimasta lì tutto il tempo a curarlo, magari curarlo a modo suo.

    Comunque, il suo umore era molto peggiorato. Anche dopo guarito, stava sempre lì con le orecchie alla radio, a cercare stazioni straniere lontanissime, chissà cosa dicevano. Si è fatto arrivare anche giornali scritti in quelle lingue ostrogote, ma lui li leggeva perché le aveva imparate dall'Angelo quando era bambino. Allora non era ancora il Colonnello, è diventato dopo, quando è partito dopo che sono nata io, ma si vedeva già la vocazione: era curioso dei governi, delle rivoluzioni, delle alleanze. Delle guerre, era curioso delle guerre. Forse per questo che litigava sempre con la moglie. Era guarito da molti anni dal suo male incurabile, stava bene, era pieno di forza. Anzi, stava male perché adesso ne aveva troppa, di forza, e non sapeva dove metterla giù: così litigava. Poi è partito per girare il mondo, che è sempre pieno di guerre e c'è tanti posti dove uno che ha troppa forza può metterla giù. Io mi sono fatta quest'idea, non lo so se sia giusta. Demetra dice: che cosa parli tu che non l'hai nemmeno conosciuto. Loro credono che può parlare solo chi l'ha conosciuto, e cioè lei e Fosca. Anzi, lei sola, perché Fosca non si ricorda. Invece io capisco anche più di loro, perché mi faccio le mie idee da sola. E mi faccio anche la pancia, e loro no. E allora parlo.

    Be', insomma, poi ero in viaggio io. Mia madre aveva una pancia enorme, e cresceva sempre di più. Tutti dicevano che sarebbero stati due gemelli, ma lei non era convinta. Allora andò da una zingara curatrice, che le disse che lei era incinta di una bambina incinta. Quando il Colonnello ha saputo questa storia è andato in bestia, come per l'opera pia. E di nuovo gridava che lui non si voleva far ridere dietro per queste stupidaggini, o per la fama di una moglie che dà via i soldi della famiglia alle zingare per farsi dire le stronzate.

    Ma poi fu peggio ancora. Poi arrivò il litigio vero, quello grosso. L'ultimo. Sui nomi. Questa volta mia madre se ne venne fuori con la storia dei nomi segreti. Diceva che oltre al nome normale, il nome buono per tutti gli estranei, ché dovevano continuare l'alfabeto, e già questo il Colonnello faceva sentire tamburi di battaglia, dovevano dare per ognuno un nome segreto. Che il nome segreto era l'arca della forza e della vita per gli dei e per gli eroi, e che non dovevano rivelarlo mai a nessuno. Se il nome segreto cade nelle mani dei nemici, loro sono padroni della tua vita, e te la prenderanno. Se cade nelle mani degli amici, non sarete più amici, perché non sarete alla pari mai più. Solo una moglie può conoscere il nome segreto del suo uomo, perché deve passarlo ai bambini. Figurarsi il Colonnello a sentire queste belle novità. Comincia a strillare che i libri che la moglie ha letto nella casa della suocera sua madre Donna Anna le avevano mandato il cervello in semolino. Che lui quei libri li avrebbe venduti l'indomani stesso ai rigattieri e col denaro avrebbe comprato una lavanderia e un quintale di sapone da bucato, così le avrebbe trovato lui una più redditizia occupazione. Che lui non aveva nessun nome segreto, e se lo aveva non era certo lei a sapere qual era. Che la sfidava a dirlo, se non era così, e allora mia madre lo disse. Il Colonnello impallidì. Poi, freddissimo, questa volta senza un filo di rabbia, le diede un pugno sul viso, facendole sbattere la testa alla parete. Mia madre cadde a terra senza un grido. Il Colonnello sembrò svegliarsi da una trance. Si chinò su di lei, piangendo, chiedendo perdono, chiamandola coi nomi teneri dell'intimità. Le diceva che non era arrabbiato, che accettava che lei sapesse il suo nome segreto, che si fidava, che anche lei doveva dirle il suo, e che lui l'avrebbe sempre rispettato. Non appena lei poté reggersi in piedi, allontanò il marito con una spinta ed uscì, cercando di camminare diritta.

    Mia madre non parlò mai più a suo marito, per tutta la vita, che non sarebbe stata ancora molto lunga. Smise di portare il suo cognome da sposata, e si tolse dal dito la fede d'oro che lui le aveva messo quattro anni prima. Il Colonnello comprò altre tre radio, si chiuse nella sua stanza, ed usciva solo a prendere i giornali. Mia madre, che non era mai stata male in vita sua, ed aveva sempre curato gli altri, e soprattutto il marito, si mise a letto e si ammalò. Peggiorò. I dottori non lasciavano molte speranze: sarebbe stato già molto salvare la bambina. Ed infatti dopo sette mesi nacqui io, mia madre Beatrice morì, suo marito partì il giorno stesso, andò nel mondo, e divenne il Colonnello, che adesso noi aspettiamo.

    La bambina che nascerà, quando le parrà il momento buono, si chiamerà Zoe. Ma il suo nome segreto io lo conosco già da adesso.



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    Questa pagina è stata aggiornata il 6 maggio 1997.