Bruno Tognolini
TOPO DOPO TOPO
La leggenda di Hamelin

Racconto poetico tratto, ricantato, e molto diversamente concluso, dal poemetto
"L'Accalappiatopi" di Marina Cvetaeva


   Gallucci Editore, aprile 2021, edizione rinnovata con disegni di FABIO VISINTIN
In precedenza: spettacolo teatrale "L'Accalappiatopi", La Corte Ospitale, 2003; libro "Topo dopo topo", Fatatrac, 2007 e 2010.


Il futuro verrà, di sicuro. Perché sia un buon futuro,
ci vogliono poeti per dirlo, maestre per darlo, e bambini per farlo.








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di Bruno Tognolini

Presentazioni

Testi di copertina
Fonti lontane del libro
Fonti lontane della leggenda
Dal teatro al libro, al teatro a scuola
Maestre, poeti, bambini e futuro


Assaggi

Le figure di Fabio Visintin
Tre esempi diversi di versi
  • Rap del Borgomastro contro gli artisti
  • Canto del NO del Pifferaio
  • Ottave del Pifferaio infuriato
  • I primi due capitoli
  • 1. La città
  • 2. Il mercato


  • Hamelin (oggi Hammeln) è una cittadina sulle rive del fiume Weser, in Germania. Nella sua chiesa un'iscrizione in rima e una pittura su vetro, posate prima del 1300, narravano che un Pifferaio dagli abiti variopinti, il 26 giugno del 1284, condusse via dalla città centotrenta bambini, che non fecero mai ritorno.



    Vincitore del Premio Mariele Ventre 2008
    Qui le motivazioni del premio redatte da Livio Sossi


    Il libro può essere acquistato online presso
     Gallucci editore



    TESTI DI COPERTINA

    La quarta di copertina Ecco i testi con cui l'editore e l'autore presentano il libro nelle pagine di copertina.

    Topo dopo topo
    Rima dopo rima
    Sempre un altro dopo
    Sempre un altro prima
    Fila lunga fila
    Sfila fin laggiù
    Sono centomila
    e ciò che vogliono sei... tu!


    Ci sono storie che a raccontarle troppo si consumano. Altre che si rinforzano e fioriscono ogni volta. Quella del Pifferaio di Hamelin, nata da una storia vera e narrata per otto secoli, è una di quelle che diventano leggenda.

    Ecco ancora una sua narrazione. E cosa ci dice stavolta, di vecchio e di nuovo?
    Dice che il futuro arriva, di sicuro. Ma perché sia un buon futuro, ci vogliono poeti per dirlo, maestre per darlo, e bambini per farlo.

    L'aletta della prima di copertina Bruno Tognolini prende la storia di Hamelin in staffetta dalla poetessa russa Marina Cvetaeva, la ricama con rime d'ogni sorta (filastrocche, ottave, rap, tiritere, poesie); aggiunge qualche nuovo personaggio, come la figlia del Borgomastro, che diventa Greta, la maestrina, la sola in paese che sappia sognare; inventa qualche risvolto finora ignoto, per esempio il Borgomastro che vuol convincere il Pifferaio a suonare per lui; e porta il tutto a un bel finale thriller. E come finì? Chi salvò i bambini di Hamelin? E perché non tornarono più nella loro città?
    L'intera copertina 'spianata', con le sue alette




    All'indice



    FONTI LONTANE DEL LIBRO

    2002. Il teatro Questo libro ha una storia lunga, segnata da mutazioni, scomparse e ritorni.
    Nasce nel 2002 come testo teatrale, "commissionato" dal centro di produzione teatrale "La Corte Ospitale". Il regista Franco Brambilla aveva scelto il poemetto "Krysolov" (l'Accalappiatopi), della poetessa russa Marina Cvetaeva, i cui versi nell'originale pare fossero folti di rime, echi, assonanze, rimandi: insomma, come la Cvetaeva stessa li definiva, "un acquazzone di suono". C'era bisogno di un poeta per l'infanzia che avesse mano buona con questi acquazzoni, e avesse fatto fatto la sua gavetta di scrittore di teatro. Pareva io fossi la persona giusta, il testo fu scritto, fu messo in scena e per qualche anno (non ricordo quanti) fece le sue brave tournée in Italia.

    Qui, in un'altra pagina di questo sito vecchia vent'anni, si può leggere la descrizione approfondita di questa prima versione teatrale, nelle sue quattro stagioni di crescita "ab ovo": 1) la fiaba originaria; 2) il testo poetico di Marina Cvetaeva; 3) il testo teatrale di Bruno Tognolini; 4) lo spettacolo di Franco Brambilla.

    2007. Il primo libro perduto Avanti nelle mutazioni. Quello spettacolo teatrale, compiuto il suo corso di vita, come tutti i suoi fratelli si estinse. Dopo qualche anno, rammaricandomi che andasse perduta quella bella storia di passato e futuro, di bambini e topi e maestre e poeti, e il suo bell'acquazzone di suoni, presi in mano il copione e ne feci un libro.

    I versi rimasero tali e quali. L'introduzione di una voce narrante operò la magia di trasformare il "teatrale" in "letterario", coprendo i vuoti delle didascalie tecniche e delle azioni scomparse con lievi narrazioni fuori campo. L'aggiunta di un breve epilogo didascalico, che riassumeva le molte versioni di questa storia vera, e ragionava del significato che può avere narrare e rinarrare una storia importante per gli uomini, completò il libro, che uscì per l'editore Fatarac nel 2007.

    Anche il libro compì il suo cammino, e dopo una seconda edizione del 2007, come a molti libri accade, misteriosamente sparì. Era ancora in catalogo ma, mi dicono gli amici librai, per mesi e poi per anni "non disponibile", non più distrubuito. Insomma, quella vita-non-vita, quel limbo dei morti viventi in cui a volte cadono i libri, che non escono ancora dal catalogo ma non entrano più nelle librerie.

    2021. Il libro ritornato Dopo qualche anno che continuavo a sentirmi dire dalle maestre a cui lo consigliavo per gli incontri che il libro "non si trova", finalmente nel 2019 convinsi l'editore a restituirmene i diritti. Se lui non poteva o voleva più offrire ai lettori quel libro, doveva consentire che altri lo facesse. Gratitudine e merito devo a Carlo Gallucci per aver raccolto la mia richiesta, e tratto fuori dal quel limbo dei libri non morti e non vivi questa antica storia, che affondata di nuovo riaffiora, e coi disegni al tratto vivi e veri e sorridenti di Fabio Visintin, e una nuova accurata edizione del testo, ora torna ai lettori.

    I libri per i bambini hanno, rispetto ai loro fratelli per i grandi, questo grande vantaggio: il loro pubblico si rinnova a rapide ondate, chi ha letto quel libro nella prima edizione ora è un ragazzo ventenne che legge altro, e nuovi lettori a centinaia di migliaia sono pronti: TOPO DOPO TOPO è pronto anche lui.

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    FONTI LONTANE DELLA LEGGENDA

    Scheda delle fonti Qui una preziosa SCHEDA DELLE FONTI, un excursus sulle radici storiche della leggenda (sintetizzate nel brano qui sotto) e di altri modi in cui è stata narrata in altri tempi. Questi materiali sono parte della documentazione personale che ho raccolto per scrivere il testo teatrale nel 2003, e sono messi a disposizione di insegnanti e classi che vogliano fare un lavoro di ricerca e lettura approfondita.
    Breve excursus storico
    Brano tratto da una risorsa web dell'Università di Stoccarda, ora irreperibile. Traduzione mia. La fonte più antica che ci è pervenuta è una nota in prosa latina, scritta 150 anni dopo l'evento (1430-1450) come aggiunta a un manoscritto del XIV secolo proveniente da Luneburg. La nota è stata riscoperta nel 1936 da Heinrich Spanuth. Si son trovate poi segnalazioni di una vetrata nella chiesa di Hamelin antecedente al 1300, che raffigurava l'esodo dei bambini; l'immagine andò perduta con la sostituzione della finestra nel 1660. Ricostruzioni documentali parlano di una rima inclusa in questa vetrata, che riportava come un suonatore di cornamusa, vestito di molti colori, avesse condotto via con sé "130 figli di Hamelin".
    Una filastrocca simile è incisa sul muro della Rattenfangerhaus, "casa del pifferaio magico", costruita nel 1602-03 ad Hamelin. Eccone una traduzione approssimativa:
    Nell'anno 1284, il giorno di Giovanni e Paolo, il 26 giugno
    Da un suonatore di cornamusa vestito di tutti i colori
    Furono portati via 130 bambini nati ad Hamelin
    che si persero nel "calvarie" vicino al "koppen"
    "Calvarie" è apparentemente il nome generico che designa un luogo di esecuzione. I ricercatori non sono d'accordo su cosa si possa intendere per "koppen"; sorgono diverse colline nei dintorni di Hamelin che possono essere ricondotte a questo termine.
    Malgrado le molte ricerche condotte, al giorno d'oggi non è possibile fornire una spiegazione chiara di quale evento storico si celi dietro questi rendiconti. Alcuni ipotizzano che il "suonatore di cornamusa" sia stato assunto da qualche sovrano per reclutare coloni destinati a popolare nuove terre dell'Europa orientale. Una versione popolare del racconto vede i bambini attraversare un tunnel fino alla Transilvania. Resoconti di ricerche serie paiono documentare che i bambini finirono in Moravia, la parte orientale della moderna Repubblica Ceca. Altre teorie alludono a una "epidemia di danza", alla peste, a una crociata di bambini o a qualche cruenta battaglia.
    Più recentemente, il professor Jurgen Udolph, linguista a Gottinga, ha raccolto prove in favore della colonizzazione orientale, confrontando nomi di luoghi e nomi personali di diverse regioni. La sua conclusione è che i bambini-coloni furono portati nelle regioni Priegnitz e Uckermark, ora situate nello Stato federale tedesco del Brandeburgo, a nord e nord-est di Berlino.

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    DAL TEATRO AL LIBRO, AL TEATRO A SCUOLA

    Questa storia, abbiamo detto, è nata a teatro, in forma scritta di copione, un testo tecnico d'uso interno, destinato non a lettori ma a registi e attori; e per due o tre anni è stata "letta" non da lettori sulla carta ma da spettatori sulle facce e nelle voci e nelle azioni degli attori. Poi dal teatro è migrata nel libro che qui si presenta. Ma non è rimasta lì dentro prigioniera: un qualche suo istinto nativo, un richiamo della foresta, l'ha riportata a teatro varie volte. Non con nuove compagnie professionali (o non ancora): l'ha riportata nel teatro nelle scuole.

    Quanto ci sia da dire e argomentare sul teatro a scuola lo dimostrano libri e convegni, siti e blog. L'avventura della messa in scena, l'impresa lunga un anno che lega e rinsalda una classe, o più d'una. I lavori operosi della classe intera: tutti i bambini che a turno interpretano tutte le parti e curano insieme tutti gli aspetti della messa in scena. O al contrario i "lavori di gruppo", come nel teatro vero, che formano squadre secondo le abilità e le inclinazioni dei bambini: i drammaturghi che con la maestra riducono e adattano il testo; gli attori che cominciano a mettere in prova le loro parti; i costumisti che con l'aiuto di mamme e nonne scelgono e confezionano gli abiti di scena; e così via gli scenografi e i tecnici e i musicisti...

    TOPO DOPO TOPO ha avuto diverse messe in scena nelle scuole. Qualcuna m'è accaduto di vederla, e una la ricordo con commossa ammirazione. In particolare una scena: i bambini incantati dal Pifferaio giravano in fila indiana serpeggiando fra le sedie del pubblico, i loro genitori e parenti, salmodiando in coro la loro Marcia: Noi andiamo - dove ci dite
    Noi mangiamo - ciò che ci date
    Noi guardiamo - ciò che ci dite
    Noi leggiamo - ciò che ci date
    Però fate attenzione, grandi, perché è sicuro:
    da quello che ci date viene il vostro futuro!
    I loro grandi li guardavano scossi, allibiti. Era davvero una scena di grande potenza.
    Ecco, poiché ciò che è accaduto può sempre di nuovo accadere, la prefazione di questo libro conclude così: "L'autore si augura che altri bambini e maestre, oltre a leggere il libro godendo la storia e le rime, sentano il flauto e seguano il sogno di farlo tornare a teatro.".

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    MAESTRE, POETI, BAMBINI E FUTURO

    Maestre e poeti: il dialogo finale Ho scritto questa storia nel 2003. Quasi vent'anni dopo mi accade oggi di predicare nei miei incontri con insegnanti e genitori gli stessi pensieri, la stessa visione del mondo e del futuro che era celata in quella storia, soprattutto nell'interpretazione che personalmente ne ho dato modificandone il finale. Nel bel dialogo a contrasto che si scatena fra la maestra Greta e il Pifferaio nell'ultima scena risalta scintillante il ruolo reciproco, i compiti mutui dei poeti, delle maestre e dei bambini nella costruzione del futuro. Correndo il rischio di "spoilerare", riporto per intero qui sotto questo dialogo: chi vuole conservare la sorpresa del finale, non ha che da abbandonare qui (con tutta la mia approvazione) la lettura di queste sezione e tornare all'indice.


    - Tu! Poeta Pifferaio! Sei un bugiardo! Son queste le poesie che scrivi per i bambini? Bugie!
    - Perché bugie? Sentiamo.
    - Perché? Per mille motivi! Vuoi che te ne dica uno dei più grossi? "Niente più scuola, bruciamo i libri, tutti i giorni domenica..." Bei versi! Studiare non serve a niente, vero? Be', per dire un'asinata così grande e incantare la gente fino a fargliela bere, bisogna saper suonare il flauto molto molto molto bene.E per suonare il flauto così bene, bisogna aver studiato molto molto molto a lungo. E quindi, se dici a loro che lo studio non serve, dici BUGIE! Perché non vuoi che studino? Magari non vuoi che diventino più bravi di te? E che magari siano loro a incantare te?
    Il Pifferaio, che era infatti rimasto incantato, balbettò:
    - O per San Piffero, maestrina... Ma dove hai imparato a ragionare così? Come è potuto crescere un simile fiore in una città di salsicce?
    Negli occhi di Greta passò un'ombra.
    - Ci sono fiori che fioriscono nel buio... Comunque affari miei! Rispondi a ciò che ti ho chiesto!
    - Ehi, bambini! Con una maestra così, venivate dietro a un povero musicante ambulante?
    - Tu suoni bene, Pifferaio, molto bene. Le tue poesie sono bellissime.
    - Oh, grazie! Ma a te non t'incantano, vero?
    - M'incantano... ma non ti seguirò. E soprattutto non ti seguiranno i miei bambini. Non nella tua città in fondo a quel lago. Lasciali andare, Accalappiatopi.
    - Non in fondo a quel lago, eh? E allora dove? Di corsa a casa? A ciucciare salsicce?
    - Non torneremo ad Hamelin, se questo ti consola.
    - Ah no? E dove andrete?
    - C'è una caverna nei colli di Koppel, non lontano da qui, che non è stata mai del tutto esplorata. Si dice che sbocchi...
    Qui s'interruppe, volgendosi adirata agli scolari.
    - Hansel! Sei arrivato, a quanto vedo! Vieni subito fuori dall'acqua e piantala di spruzzare i compagni!
    Poi riprese, senza cambiare tono di voce, rivolta all'uomo.
    - Si dice che sbocchi dall'altra parte delle montagne, in Transilvania. La Transilvania è grande, poco abitata: possiamo fondare un nuovo villaggio lì.
    Il Pifferaio la guardò pensoso.
    - Uhm! E qualcosa mi dice... che diventerà una città migliore di Hamelin, giusto?
    Greta abbasso gli occhi, di colpo incerta.
    - Se... se tu ci verrai a trovare, forse sì.
    - Io?... Io? Quello che stava per portare i tuoi topini nella scuola in fondo al lago?
    - Son stata brava io, a evitarti quello sbaglio. Ma tu sei bravo a suonare, Pifferaio. Molto bravo. E ci devi...
    La ragazza fece un bel gesto con le dita, come a frullare i tasti di un flauto.
    - ...ci devi insegnare!

    Bambini e futuro: le nuove città "... possiamo fondare un nuovo villaggio lì" - "E qualcosa mi dice... che diventerà una città migliore di Hamelin, giusto?" - "Se tu ci verrai a trovare, forse sì".
    I bambini fondano sempre e comunque nuove città, dentro il futuro. Possono essere migliori o peggiori, o identiche a quelle da cui sono venuti. Da cosa dipende?

    In uno dei miei incontri con insegnanti e genitori, che parla specificamente di creatività bambina e futuro, propongo questa visione:
  • il compito dei bambini è scomporre la realtà che noi gli abbiamo consegnato e rimontarne i mattoncini nel futuro in forme nuove e sorprendenti;
  • noi non sappiamo come li monteranno, ma i mattoncini glieli dobbiamo dare noi;
  • se daremo loro più mattoncini di bellezza e umanità che di profitto e consumo (più poesie che rolex) avremo un certo futuro, viceversa un altro.

    Bene, le idee profonde restano e maturano, evidentemente, come radici vive generano nuove fronde di storie o argomenti. Che sanno a loro volta rifiorire sul ceppo inestinguibile di leggende narrate nei secoli.

    Forse tutti i bambini devono essere portati via da un Pifferaio
    Forse le maestre hanno bisogno di poeti, per dare cose belle.
    Forse i poeti hanno bisogno di maestre, per fare cose buone.
    Perché in fondo lo scopo di entrambi è fondare dentro il futuro nuove città.

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    LE FIGURE DI FABIO VISINTIN

    Sono davvero molto felice di queste tavole. Fra le maestrie diverse dalla mia qualcosa mastico e mangio di musica, fatta e sentita da dilettante per tutta la vita, e di teatro, studiato e fatto e scritto per quindici anni; ma di arte figurativa mi riconosco discreto somaro: lacune di formazione dell'intera vita, incolmabili ormai. Sono sempre in difficoltà nel giudicare illustratori e illustrazioni. Ma in queste tavole di Fabio Visintin ("disegni", come ama chiamarle Carlo Gallucci) ho letto una felice allegra gaglioffa maestria del narrare. Narrare accanto, non sotto o sopra il testo, senza sentirsi a esso inferiore (illustrazioni servili, "didascaliche" del testo) o superiore (illustrazioni altere, che ritraggono tutto purché non sia scritto nel testo). Qui no, le figure mi camminano accanto, fianco a fianco, come si fa fra compagni d'impresa, anche se io Fabio nemmeno lo conosco. E ci vuole un bel tiro a due di Mestiere e Maestria per camminare bene a fianco da lontano. Credo che Fabio Visintin abbia capito veramente questa storia, perché io stesso che l'ho scritta l'ho capita nuovamente e molto meglio, guardando le sue gagliarde figuree figurine.
    Ecco, senza commenti (il testo che le contorna dice abbastanza), una selezione di quelle più grandi. Le piccoline, che si intrufolano in volo nei margini e nelle aperture fra i versi, non sono meno belle e necessarie: son finestrine che si aprono sul senso, fanno entrare luce visiva, ci fanno capire e gustare meglio con un colpetto d'occhio ciò che accade.





























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    TRE ESEMPI DIVERSI DI VERSI

    Oltre alle copiose parti in rima incastonate nei primi due capitoli del libro, qui sotto, ecco altri tre passaggi che esemplificano la varietà di forme metriche accolte nel libro: filastrocca, rap, ottava...


    Rap del Borgomastro contro gli artisti
    Dal capitolo 10, Il Borgomastro. Il Borgomastro li bloccò con un'occhiata, poi guardò lieto e maligno il Pifferaio come una volpe guarda un bel galletto. E come chi è abituato a far discorsi, lunghi e fioriti, apprezzati e applauditi, prese un lungo respiro e cominciò.

    Poeti, musicanti, attori, contafiabe...
    Eccolo il flagello, la peste da curare
    Arrivano in città come se fossero i padroni
    Chiedono soldi - posti per suonare
    E cosa danno in cambio? - Oh!... Canzoni!
    SIETE VOI I VERI I TOPI DA SCACCIARE!
    Ma guardami, Poeta Incantatopi - mi senti?
    Qui trovi pane duro - per i tuoi denti!
    Da noi le vostre musiche son solo foglie al vento
    Le vostre rime campanelli di parole
    Ci fischiano la testa - Dìn dìn... Cosa sento?
    Solo bocche che si parlano da sole
    Le rime sono inutili - stupide - vecchie
    I suoni della musica mi lavano le orecchie
    La musica ci serve, sì - per digerire
    Cantiamo insieme con la birra nei boccali
    O quando si va a letto - mi fa dormire
    Una strofetta dolce, due rime con le ali
    Ti fa la ninna nanna, ti coccola, ti culla
    Finisce la canzone - Non resta nulla!

    Ma questo, vedi Poeta, accade a me, che sono istruito, maturo e saggio. Che sono il Borgomastro e so come va il mondo. Per i miei cittadini è ben diverso! Per le persone semplici, poco studiate, i popolani, i bambini, le donne, gli stranieri... Per tutti questi, Poeta Musicante...

    ... tu sei un terribile pericolo ambulante!
    A loro i tuoi concerti danno sogni ad occhi aperti
    La tua poesia - fa volar la fantasia
    La fantasia poi fa volare le pretese
    E vogliono cambiare tutto - qui in paese
    La musica è pericolo - trappola - trame
    E la poesia è pura ribellione di bestiame
    Sentono i tuoi versi - si montano la testa
    Si sentono diversi, e via: parte la festa!
    E allora tu li prendi - ti ho sentito spifferare...
    "In India! In India! Il giorno sarà vostro!"
    E te li porti dietro, nell'India che ti pare!

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    Canto del NO del Pifferaio
    Dal capitolo 12, La ricompensa. - NO!
    Tutte le teste dei Consiglieri si voltarono, con occhi stupiti e indignati. Così indignati che dicevano chiaro come avessero ben ascoltato quei discorsi che non dovevano ascoltare; e ancor più chiaro come suonasse ai loro orecchi inverosimile quel grande e grosso NO.
    Il Pifferaio sorrise nel vedere quei volti sconvolti, poi si volse al Borgomastro e proseguì.

    Signore, io non suonerò per te.
    Né mai per nessun altro come te.
    Le vedi le mie dita? - Colibrì!...
    Io ci ho messo una vita, per suonare così.
    E tu le vuoi comprare per denaro?
    Lo sai cosa ti dico?
    Non sei abbastanza ricco.
    Ti è chiaro?
    Ed anche se lo fossi - non basta.
    Perché se te la vendo, la musica si guasta.
    Non posso farci niente, è così.
    Hai visto come tira, il colibrì,
    con quelle alette piccole di vetro?
    Hai visto quanta gente porta dietro?
    Se gli metto la briglia,
    per farlo andare lì dove vuoi tu,
    lui fa come tua figlia: non vola più.
    Né io né tu facciamo un buon affare.
    Allora, Borgomastro, lascia stare.
    Hai soldi, hai case, è tua questa città:
    forse sei un po' ubriaco di realtà.
    E vuoi l'unica cosa che io ho.

    E io non te la do.

    Mi spiace, ma non suonerò per te.
    Né mai per nessun altro come te.

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    Ottave del Pifferaio infuriato
    Dal capitolo 13, Canto del Capitano.
    Si alzò, quel Pifferaio, scuro in volto
    come chi ha preso un'aspra decisione.
    Come un vulcano acceso, che ha raccolto
    tutto il fuoco che basta all'eruzione.
    Il suo sangue di musica s'è sciolto
    nella lava di quell'umiliazione
    e in un proposito spietato e duro:
    "Io mi porterò via il vostro futuro"

    Alba, ventisei giugno, San Giovanni,
    i bimbi ad Hamelin dormono ancora.
    Nei letti caldi di pigiami e panni
    aspettano la sveglia dell'aurora.
    Ma un'altra sveglia, carica d'inganni,
    giù nella via sta per suonare l'ora.
    Dormite, nascondetevi, sparite!
    Bambini, non credeteci, dormite!

    Solenne, impenetrabile, accigliato,
    il Pifferaio camminava lento
    su strade dove il sole appena nato
    fumava una caligine d'argento.
    Si fermò nella piazza e sul sagrato
    portò alle labbra dure il suo strumento.
    Frullarono le dita colibrì
    e si levò il richiamo: "Tiri lì!"...

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    I PRIMI DUE CAPITOLI

    Ed ecco per finire, un generoso assaggio: i primi due capitoli


    1 . LA CITTÀ
    Nel giugno del lontano 1284, sulle rive del fiume Weser, in Germania, la ricca e ridente cittadina di Hamelin si svegliava da una dolce notte estiva.
    I galli cantavano il loro kekkereké tedesco e burbanzoso, le allodole fischiettavano furbette frullando per il cielo, le oche gorgogliavano satolle il loro primo ingozzo del mattino, e le mamme preparavano le prime fumanti salsicce per i mariti e i figli che andavano a scuola e al lavoro.
    Si svegliava... forse non è esatto usare questa parola, per quella città. Stando a ciò che hanno narrato di lei poeti e suonatori, infatti, era un borgo stordito e sonnolento, appesantito dal lavoro, dal decoro, dal profitto, dal cibo e dal buonissimo appetito.
    Ma guardatela, guardatela voi stessi.
    Eccola Hamelin, città famosa
    della mirabile terra tedesca,
    città di gente seria e dignitosa,
    lavoratrice, prosperosa e onesta;
    che dà il suo posto ad ogni giusta cosa,
    e mai dal giusto posto nulla esca!
    Che nulla cambi e nulla turbi al mondo
    la palude del suo sonno profondo.

    Eh sì, quella città dormiva! Dormiva nell'anima! Pensate: la notte in cui passò la famosa cometa di quel lontano 1284, quella città dormì come un sasso.
    "Cosa sarà mai una cometa!", dicevano i suoi bravi cittadini, "Non merita due ore di riposo. E poi guadare il cielo fa venire le vertigini, e l'indomani ti resta il capogiro!"
    "Spegni la luce, Birghitta, chiudi le imposte!"
    Spegni la luce e chiudi le finestre,
    che la notte non soffi dentro il buio,
    che non si sentano le strane orchestre
    di quel suo cielo nero calamaio.
    La nostra vita è semplice, terrestre:
    si compra ogni mattina al bottegaio,
    e poi a forza di viverla s'impara:
    la vita ad Hamelin non costa cara.

    Costano poco i giorni, come il pane.
    Costano come il latte i mesi e gli anni.
    Le ore trascorrono con le campane,
    a buon prezzo, tranquille, senza affanni.
    Nessuno pensa o dice cose strane,
    la vita non fa male, non fa danni.
    Qui soltanto una cosa è molto rara:
    l'anima, quella sì che costa cara!

    Ma che corpi, in compenso! Che corpi! Alti, forti, sani: gente di buona razza!
    Educati, cordiali, cortesi!
    Alla mattina:
    - Buongiorno, Frau Herta! - Buongiorno, Frau Gerta!
    - Buongiorno, Frau Hilda! - Buongiorno, Frau Gilda!
    - Guten taaaaaaag!
    E via tutti che vanno, a passettini indaffarati verso il giorno.
    Città consuma poco - Città compra per tempo
    Città non brucia fuoco - Città non tira vento
    Città niente ubriachi - Città niente ambulanti
    Città niente di dietro - Città niente davanti

    E alla sera:
    - Buonanotte, Herr Friedrich! - Buonanotte, Herr Franz!
    - Buonanotte, Herr Dietrich! - Buonanotte, Herr Hans!
    - Guten naaaaaacht!
    E via, a passettini indaffarati verso casa.
    Città fa buio presto - Città lampioni accesi
    Città dopo il tramonto io non esco per sei mesi
    Città chiudi cancelli - città fuori i foresti!
    Città dei giorni belli - città dei sogni onesti
    Città noia profonda - Città cielo di panna
    È notte e la tua Ronda - ti fa la ninna nanna...

    Sì, eccola! Un altro giorno operoso è trascorso, scende la notte sulla città di Hamelin e passa la Ronda. Sei guardie con la livrea del Borgomastro e le belle alabarde marciano facendo echeggiare i passi per le vuote vie, e lanciando di tanto intanto il loro bando.
    Passa la Ronda con passo di gatti
    Cittadini, entrate nei letti!
    Passa la Ronda con passo di grilli
    Cittadini, dormite tranquilli!

    È notte, grazie a Dio. E grazie a noi tutto va bene!
    Avete messo fuori il cane? Avete messo dentro il gatto?
    Vi siete tappati le orecchie con l'ovatta?
    Avete riposto nello scrigno il guadagno di oggi?
    Padre chiudi la Bibbia! Madre infila la cuffia!
    Bimbo, in bocca il ciuccio! Nonna, fuori la dentiera!
    Dormite, cittadini! Domani è un altro giorno!
    Passa la Ronda, nella piazza tonda
    Passa la Ronda, nella notte scura
    Passa e ripassa, torna e ritorna
    Gente di Hamelin, dormi sicura!

    Dorme la gente ad Hamelin, sicura
    di tutto ciò che vede con lo sguardo.
    Di ciò che non si vede non si cura,
    si affida al sonno, che non è bugiardo.
    Notti nerissime di pece pura.
    Giorni bianchissimi, di puro lardo.
    Il mondo è fermo e il sole gira intorno:
    dormite, che domani è un altro giorno!

    D'accordo, ma... e i sogni?
    Si può dormire il più buio dei sonni - diceva un famoso collega - ma poi vengono i sogni! I sogni son fatti per portarci lontano da qui: lontano da ciò che siamo, da ciò che viviamo. Per farci incontrare, almeno in sogno, vite diverse, creature strane, posti mai visti.
    E ad Hamelin, allora? Cosa mai sogneranno i suoi onesti e ordinati cittadini?
    Be', se poteste gettare uno sguardo nei loro sogni, restereste sbalorditi: stesse case, stesse facce, stesse vite... Eh sì: gli abitanti di Hamelin vivono in sogno esattamente le stesse cose che vivono da svegli!
    Lo sposo vede in sogno la sua sposa,
    la sposa vede in sogno suo marito,
    la maestra una classe silenziosa,
    l'alunno vede un compito finito.
    Sogna il fioraio un petalo di rosa,
    la sarta i pantaloni che ha cucito.
    E il cane, se gli accade di sognare,
    che cosa sogna? L'osso? No, il collare!

    Il panettiere vede rosso forno
    ed il lattaio vede bianco latte,
    per il giostraio il mondo gira intorno,
    il sergente comanda, il fabbro batte.
    Ognuno sogna le opere del giorno,
    cose che deve fare e cose fatte.
    Tutto tranquillo: è come essere sveglio,
    se sogno quello che conosco meglio.

    E allora proviamo a entrarci, in questi sogni.
    Entriamo in punta di piedi, coi magici piedi del racconto, nella casa del Borgomastro di Hamelin, l'uomo potente che la comanda e amministra.
    Eccolo lì, nella sua camera da letto, grosso, grasso, rubicondo, sdraiato accanto alla moglie grossa, grassa e rubiconda. E in due russano come tre orsi.
    Che cosa sognerà il Borgomastro? Ve lo dico io: cittadini.
    Cittadini sottomessi, obbedienti, entusiasti, applaudenti! Sudditi, insomma.
    E cosa sognerà la Borgomastra? Cittadini? Oh no, sarebbe sconveniente... Cittadine!
    E Greta, la loro figlia ragazza, la maestrina, che cosa sognerà?
    EHI!... Non sogna!
    Cosa fa lì affacciata alla finestra, sveglia a quest'ora? Dev'essere l'unica persona sveglia in tutta la città. Ma cosa sta facendo? Guarda... no, non è possibile: guarda la luna!
    E le parla, anche! Sentite? Muove appena le labbra, dicendo così...

    Luna, luna, luna!
    Guardami, luna cattiva
    Guardami piangere nella sfortuna
    Dimmelo tu quando arriva
    Quello che viene da fuori
    Con la sua musica triste
    Con le parole che rubano i cuori
    Dimmelo che lui esiste
    E che ci porterà via
    Fuori da questa città
    Dove non cresce nessuna poesia
    Perché c'è troppa realtà
    Luna, che tutto indovini
    Dimmi che sarà così
    Porterà me, coi miei bambini,
    Molto lontano da qui!
     
     
     

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    2 . IL MERCATO
    KEKKEREKEEEEEEEE...

    Cantò il gallo, dunque, in quella mattina di un'antica estate, mandando in cocci coi suoi gridi i sogni di piombo del Borgomastro e la veglia di piume di sua figlia Greta.
    Tutte le brave donne del borgo, dopo aver dato da mangiare salsicce fumanti a figli e mariti, in testa il fazzoletto, al braccio la canestra, sciamavano gaie di casa, perché oggi era giornata di... Mercato!
    L'intera via maestra è variopinta di banchi e banchetti, carri e carrette, casse e cassette.
    Le massaie con le loro canestrine trottano come pecore vanitose al centro della via, mentre sui lati i bottegai come pastori le radunano, le spingono, le tirano, le chiamano con le trombe d'oro dei loro grandi gridi di mercato.
    Lardo per il dottore! - Erbe per lo speziale!
    Felicità e salute, con cotenne di maiale!
    Venite! Sentite! - Patate garantite!
    Prendetene un bel cesto che domani son finite!
    Gamberi! Totani! - C'è il pescatore!
    Tuberi! Asparagi! - C'è l'ortolano!
    Guardate l'occhio vivo - Pescati da due ore!
    Raccolti ora dall'albero - Toccate con la mano!
    Trippa, salsiccia, la pappa con la ciccia!
    I ravanelli rossi oppure l'insalata riccia!
    Bluse di flanella! - Sì! - Tu sarai bella!
    Scarpe di vernice! - Sì! - Sarai felice!

    Cosa si dice? Cosa si dice?
    Felici lo sono eccome, le belle signore, di radunarsi a capannello in due, in tre, in quattro, e fare finalmente quella cosa per cui hanno atteso e spasimato l'intera settimana: spettegolare!
    - Si dice, si dice di... compleanni segreti!
    - Chi? Chi? Chi?
    - Oh, non fatemi parlare! Greta, la figlia del Borgomastro.
    - Quanti anni? Quanti anni?
    - No, bocca mia sta' chiusa! Ventotto.
    - Ventotto! Non è possibile! Ti credo che non la festeggiano!
    - Non si sposa! Non si sposa!
    - Per forza: con quel capriccio di fare la maestrina di scuola...
    - Chi se la prenderebbe, una maestra?
    - Qui ad Hamelin, nessuno.
    - Storia, geografia, mate... come si dice?... matemangica?
    - Si dice matemagica, ignorante!
    - Insomma, tutti grilli per la testa. A un ragazza non fanno bene i libri.
    - E cosa fa bene alle ragazze, Berta?
    - Mi vuoi far dire cose sconce, Gerta. Chiuditi, bocca mia!
    A un certo punto fra due casse un guizzo, un frullo, uno squittìo, qualcosa...
    - Ehi! Coz'era?
    - Coz'era coza?
    - Non hai zentito uno zsquittìo, lì, in mezzo alle zucche?
    - Uno zquittìo? Le zucche non zquittiscono, zietta!
    È la tua zucca che comincia a zcricchiolare!
    - Ah! Ah! Ah! Ah! Ah!...
    Galline senza penne! - Susine senza buccia!
    Il succo di banana con già dentro la cannuccia!
    Donne - avanti - comprate la crescenza!
    La prima prende tutto e la seconda resta senza!
    Guardate queste pere - sono sincere!
    Sono vere e sembran fatte con le cere!
    Sentite che sapore, provatene uno spicchio!
    La polpa è come burro: la buccia è per Pinocchio.
    Cacio fresco di cantina, uova fresche di ghiacciaia!
    Una due tre quattro... sette paia!
    Pesci - di mare! - Mi voglio rovinare!
    Ma dimmi - comare: vieni qui per comperare,
    o porti qui la lingua per farla sventolare?

    Cosa si dice? Cosa si dice?
    - Si dice che c'è un fiore, qui in città, che alla notte non chiude la corolla.
    - Non fatemi dire! Sempre lei, la maestrina?
    - Ieri notte di nuovo alla finestra, a guardare la luna!
    - La luna piena fa diventare pazzi.
    - Oh, a questo ci hanno già pensato i libri.
    - E i nostri bambini stanno a sentire una così!
    - Cosa diventeranno, povere noi! Poeti! Mendicanti! Assassini!
    - Calmati, Hilda, ci sta pensando il padre, per fortuna.
    - Davvero, Gilda? E cosa le prepara, il Borgomastro?
    - Bocca mia, non lo dire. Un abito da sposa, un poco di gioielli...
    - ... e poi tutta la vita fra i fornelli! Ma chi è il pazzo?
    - Aspetta, Greta, lasciami indovinare: il vecchio Franz?
    - Gallina beccami se te lo dico! Proprio lui.
    Ma ecco di nuovo quel guizzo fra le cassette di verdura.
    - Ehi! Quezta volta l'ho proprio vizto!
    - Vizto coza?
    - Una zchiena nera e peloza, che guizzava in mezzo alle melanzane!
    - In mezzo alle melanzane? Be', zietta, zarà ztata una melanzana coi capelli lunghi!
    - Ah! Ah! Ah! Ah! Ah!...
    Comprate! Comprate! - Quintali di patate!
    E se le avete a casa, be'... le conservate!
    Donne! Ragazze! - Comprate a più non posso!
    Se non avete i soldi, be'... segniamo in rosso!
    Apri il borsellino, nonna, compra più che puoi!
    Ciò che non riesci a prendere te lo portiamo noi!
    Comprate! Comprate! - Il sindaco è felice
    Sentito cosa dice? Alla città conviene
    Perché più voi comprate e più le cose vanno bene!
    Riempitevi i cassetti! Riempitevi il cassone!
    Riempitevi la vita che non entri la ragione!
    Comprate tutto subito! - Ci penserete poi!
    Il mondo è grasso e ricco, e...
    CI SIAMO SOLO NOI!

    - Squeaaaaak...
    - Ehi! Coz'era?
    Cos'era? Ve lo dico io cos'era.
    Lo sapete cosa succede quando si esagera?
    Non avete mai sentito qualche vecchia zia noiosa, qualche nonna sentenziosa, ripetere quel proverbio, "il troppo stroppia"? Be' insomma, è proprio così: il troppo stroppia.
    Chi si compra troppe armi - uomo o stato che sia - prima o poi le vuole usare, e stroppia.
    Chi si compra una macchina troppo veloce ci vuole correre, e prima o poi si stroppia.
    Chi consuma troppo non sa dove mettere la spazzatura, e la sua casa stroppia.
    Il regno che accumula troppo danaro, e lo fa girare troppo facilmente, si ritrova la casa piena di ladruncoli, faccendieri e tangentisti.
    E la città che accumula troppo grano, troppo riso, troppo zucchero, troppo lardo, formaggio, castagne, aringhe, mele... si ritrova le cantine piene di... piene di...

    Piene di...? Soluzione dell'indovinello in cima al capitolo 3, nel libro, in libreria!


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    Questa pagina è stata creata il 28 aprile 2021, e modificata l'ultima volta il 29 aprile 2021


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